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La Repubblica

Brunello sotto accusa sequestri in tre aziende ... Indagini su 13 cantine. Antinori ritira la produzione... Un guaio senza fine, l’inchiesta sui Brunelli accomodati, avviata dalla procura di Siena, in collaborazione con la Repressione Frodi e la Guardia di Finanza. Ieri, il pm Nino Calabrese ha disposto il sequestro dell’intera annata 2003 del Brunello di Castello Banfi, 600mila bottiglie, con avviso di garanzia per l’amministratore delegato dell’azienda (di proprietà della famiglia americana Mariani) Enrico Viglierchio e per il vicepresidente Remo Grassi.

Il provvedimento, notificato lunedì mattina, vale anche per altre aziende sotto inchiesta, Argiano e Frescobaldi, mentre Antinori ha bruciato sul tempo gli investigatori, ritirando di sua volontà le bottiglie. Anche Viglierchio respinge le accuse al mittente: “Il sequestro cautelare si basa su una serie di ipotesi e dati indiziari tutti da verificare. Siamo rimasti sorpresi, non comprendiamo e ricusiamo le motivazioni. I controlli sono cominciati in gennaio: abbiamo sempre fornito tutta la nostra collaborazione. Ma bisogna stare attenti: ci viene contestato di non aver rispettato i parametri del disciplinare, non si parla di ingresso nella nostra cantina di uve in arrivo da altre regioni. In compenso, siamo a un passo dal disastro, per la ricaduta sul sociale e sulle maestranze. Dieci giorni dalla notifica per la richiesta di riesame, altri dieci per la risposta. Fino a fine aprile, siamo bloccati”.
La presa di distanze dall’azienda Frescobaldi, rinviata a giudizio per frode in commercio e falso in atto pubblico a inizio marzo dalla procura di Firenze (l’accusa è di aver utilizzato per la produzione del Brunello uve in arrivo da Puglia e Campania) risulta netta. Perché nel momento del massimo disastro enologico dal metanolo a oggi (era il 1986), distinguere è questione di sopravvivenza. Così, aver immesso altre uve dello stesso territorio, Merlot in primis, per addomesticare lo scorbutico Sangiovese è sicuramente più lieve che aver utilizzato grappoli coltivati in altre regioni.

Ma entrambe le truffe, se saranno dimostrate, sono comunque nulla a confronto dei sequestri di simil-vino tossico ordinati dalle procure di Taranto e Verona. Enzo Majolini, presidente del consorzio di tutela del Franciacorta, non si nasconde dietro le buone bollicine della sua azienda: “I nostri amici francesi sono più furbi: i panni sporchi li lavano in famiglia. Però, se non si scoperchia pubblicamente il pentolone, molti fanno finta di non capire. E allora, ben venga un po’ di chiarezza, a patto di non buttare via il bambino con l’acqua sporca”. Marco Caprai, signore del Sagrantino si scopre quasi fiducioso:
“Queste indagini testimoniano che il sistema di controlli funziona. Dobbiamo esserne contenti, malgrado tutto”. Lucio Tasca D’Almerita rincara la dose: “Chi sbaglia deve pagare. La certezza della pena per i colpevoli deve essere una garanzia di credibilità per tutto il comparto. Meglio ancora se, contemporaneamente, i consumatori impareranno a non spendere un euro per una bottiglia di vino, pretendendo che sia sano”.

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