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La Repubblica

La dop non basta più le cucine nazionali ora sognano l’Unesco ... Dalla Francia all’Italia l’offensiva diplomatica della gastronomia... L’Unesco salvaguarda il patrimonio culturale immateriale; assicura il rispetto per il patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati... “Ho preso l’iniziativa affinché la Francia sia il primo paese a godere del riconoscimento da parte dell’Unesco della nostra gastronomia - la migliore del mondo, dal nostro punto di vista - come patrimonio mondiale”. Nicolas Sarkozy non demorde: dopo aver annunciato nello scorso febbraio una sfida politica in piena regola per guidare dall’alto dell’Olimpo dell’Unesco tutte le tradizioni culinarie del pianeta, nei giorni scorsi è tornato sull’argomento:
“Occorre stringere i tempi, perché è nostra intenzione presentare la domanda a inizio 2009”. Gli esperti sostengono che la richiesta è a tutti gli effetti irricevibile. Cherif Khaznadar, presidente del gruppo di paesi membri dell’Unesco che cinque anni fa ha varato la nuova convenzione a salvaguardia dei beni immateriali - la cosiddetta tradizione culturale intangibile - è stato drastico: “Non esiste una categoria dell’Unesco per la gastronomia. Mi spiace, ma quel dossier è destinato a non andare lontano”. Nessuna speranza, insomma, almeno per il momento, di far affiancare i vini di Bordeaux e il foie gras ai cantastorie del Kyrgyzstan, all’artigianato ugandese o ai canti polifonici dell’Albania. Ma la questione va molto al di là del pio desiderio del presidente francese. Anche grazie alla tesi con cui Sarkozy supporta la richiesta: “L’agricoltura e i mestieri che ne derivano sono la vera sorgente della nostra diversità gastronomica, un elemento essenziale della nostra tradizione”. Quindi, non di haute cuisine si tratta” ma dell’intera filiera che accompagna la storia del cibo dai campi alla tavola. Esattamente come la richiesta avanzata poche settimane fa a Bruxelles dalla ministra dell’agricoltura spagnola Elena Espinosa: inserire tra i beni intangibili protetti dall’Unesco la dieta mediterranea. Il tutto, a nome di un piccolo gruppo di stati mediterranei, che oltre a Spagna e Italia, comprende anche Grecia, Marocco, Portogallo. La signora Espinosa ha perorato la causa della dieta mediterranea davanti al consiglio dei ministri dell’agricoltura dell’Unione Europea, sostenendo che si tratta di un modello alimentare da salvaguardare non solo come segreto di lunga vita, “ma per il suo valore storico, per il contributo al rispetto dell’ambiente e per la funzione culturale svolta nel tramandare tradizioni gastronomiche di generazione in generazione”. In realtà, negli ultimi anni, al di là dello storico testa-a-testa con la Francia per il primato di
dop e igp - sfida destinata a complicarsi ulteriormente con l’accorpamento tra dop e doc e la drastica riduzione delle protezioni europee recentemente annunciata a Bruxelles - l’unico governo continentale capace di spendersi davvero per supportare la propria tradizione alimentare è stato quello portoghese, che ha inserito la cucina lusitana tra i beni culturali da preservare. La notizia delle iniziative francese e spagnola ha riempito di rabbia e speranza i protagonisti della cucina d’autore italiana, su
tutti il bistellato Massimo Bottura, appena rientrato dagli States:
“Nelle inchieste di giornali e riviste americane, il turismo verso l’Italia è segnato da due sole parole: arte e cucina. Chissà quando se ne accorgeranno anche i nostri governanti”.

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