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La Repubblica

Troppo caldo, vendemmia anticipata. “Ma qualità al top degli ultimi anni” ... La raccolta iniziata dallo chardonnay per gli spumanti. Per i rossi decisive le prossime settimane... La vendemmia degli eccessi. Temperature sahariane a chiudere il cerchio climatico di una primavera ben piovosa. Ma la vite è pianta tosta, che non teme i contrasti, anzi, li apprezza. Così, in quasi tutta l'Italia l’anticipo di fioritura e allegagione si è allungato nell’invaiatura (presa di coloredelle bucce) e nella maturazione, tanto da far scattare la raccolta delle uve una settimana prima del consueto, con ottimi indicatori di qualità. Dall’altra parte, però, la stagione vinicola nel suo complesso risulta di incerta lettura. Infatti, nei giorni che segnano l’inizio della raccolta delle uve “precoci”, Chardonnay in primis - per farne spumante tra Franciacorta e Trentino, per vini fermi in Sicilia - mai forbice tra previsioni organolettiche e situazione economica fu più divaricata. Dicono che i vini della nuova vendemmia saranno i migliori degli ultimi dieci anni. Gli ottimisti si spingono anche più indietro, rosicchiando i primati enologici di fine millennio. Se il riscaldamento globale sta incidendo su tempi e geografia del vino, lo specifico 2009 pare così ben assemblato tra freddo e caldo, pioggia e tempo asciutto, agronomi coscienziosi e magiche intuizioni, da far sperare in un “vintage” memorabile. In compenso, i numeri economici del vino sono tutti piegati al ribasso, tra esportazioni zoppicanti, ristoratori inadempienti, enoteche traboccanti, magazzini inevasi. Le tentazioni sono multiple, da chi pur di liberare le cantine svende il vino come sfuso alle grandi cooperative, ai pasdaran dell’etichetta pregiata, che cercano di tener duro, anche a costo di moltiplicare le casse in giacenza. Del resto, ricette sicure per uscire dalla crisi, nemmeno una. La cronica mancanza di un comune sentire - e agire - almeno per fasce di produzione, penalizza un settore che tanta parte ha nel successo del made in Italy da una parte all’altra del pianeta. Per fortuna, a volte piccole è bello. Così, nei giorni scorsi, in contemporanea con le prime sforbiciate in vigna, i centotrenta soci del Consorzio di Franciacorta (entità microbica in confronto al potentato dello Champagne), si sono inventati una riduzione del 5% nelle rese massime delle campagne vitate. Una scelta forte, incoraggiata assai dal presidente Maurizio Zanella (Ca’ del Bosco) “per alzare ancora di più la qualità della materia prima, una scommessa di qualità che ha trovato tutti i produttori d’accordo”. Un esempio virtuoso che suona tanto più coraggioso se si pensa all’ulteriore diminuzione dei prezzi del vino sui mercati del mondo, con Australia e Sudamerica in concorrenza spietata. Stiamo imparando che pagare una bottiglia di vino una manciata di centesimi è deleterio tanto per chi la produce quanto per chi la compra, mentre difendere la qualità, anche grazie alle congiunture climatiche, smarca la produzione italiana dalla mediocrità globalizzata. Se poi la vendemmia di Sangiovese e Nebbiolo seguirà le orme eccellenti fatte intravedere dei bianchi, sarà più facile brindare all’uscita dalla crisi.

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