02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Repubblica

I miei amici contadini e l’incubo fallimento ... In questi giorni ho sentito la storia di un vignaiolo che mi fa pensare che il mondo del vino sia di nuovo giunto a un momento di svolta. Di nuovo, perché anche nell’86 chi faceva vino in Italia dovette scegliere che strada intraprendere per sollevarsi da quello tsunami che fu lo scandalo metanolo. Oggi certo non ci sono scandali così drammatici ma, vista la crisi in cui versa il settore, si può dire di essere giunti a un momento altrettanto epocale. Non dirò il nome del vignaiolo in questione, né dove opera. Ha 35 anni, una piccola azienda familiare che conduce insieme ai genitori anziani. Da dieci anni ha scommesso su un’ottima piccola produzione di una Doc di tutto rispetto, ma non una delle più pregiate. Fa 25.000 bottiglie all’anno con otto ettari di vigna, bottiglie ben giudicate dalla critica, forse le migliori della sua zona. Ne ha sempre vendute 8 mila negli Stati Uniti, una bella sicurezza, e sono partite anche quest’anno. L’unico problema è che visti i tempi di crisi, lui le spedisce, ma è già dal 2008 che non gliele pagano. Zero entrate su questo fronte. Come se non bastasse, in Italia quest’anno ha venduto il 50% in meno del solito e gli resta un terzo della produzione nelle vasche, ancora da imbottigliare. Ha già perso due terzi dell’introito cui era abituato e ora s’interroga su come rientrare almeno delle spese. È un contadino come suo padre e sua madre, l’azienda e piccola e fragile, e come facevano i suoi genitori decide di provare la via della vendita del vino sfuso. Va sulla piazza locale e gli offrono 50 centesimi al litro. Per un vino Doc! A quel prezzo significa una rendita di 3 mila euro all’ettaro, vale a dire 24 mila generati da tutta l’azienda, una miseria visti gli investimenti, il costo delle attrezzature, il tanto lavoro speso con passione. Ma la beffa deve ancora arrivare: l’acetificio locale gli offre 44 centesimi per trasformare il suo sfuso in aceto, e così lui è tentato di sacrificarlo, saggiamente, per non ingolfare il mercato e sperare in qualcosa di più nella prossima annata. L’aceto paga soltanto sei centesimi in meno del vino sfuso, e il paradosso è che le uve da cui proviene quel vino le compravano a 80 centesimi prima di essere trasformate: non conviene neanche più farlo, il vino. Il ragazzo è disperato e come lui lo sono tantissimi produttori italiani, la stragrande maggioranza che non fa vini di pregio assoluto, come il Barolo o il Brunello, denominazioni o grandi firme che in virtù della loro eccellenza sentono un po’ meno la crisi. Ma il vino di questo ragazzo è ottimo come lo sono le tante Doc minori e i vini “quotidiani”, quelli da menodi dieci euro la bottiglia: la spina dorsale della nostra produzione nazionale. Siamo a un momento di svolta: troppa produzione sull’onda dei soldi facili che si potevano fare negli anni ‘90, per contro poco mercato, e sono anche sparite le sovvenzioni che mitigavano i danni della sovrapproduzione. Alla fine sta succe dendo quello che è successo in tutti gli alti settori dell’agricoltura, per il cibo: si è rotto il cordone ombelicale tra uva e vino, tra materia prima e prodotto trasformato. I primi a scomparire rischiano di essere i piccoli produttori, i vignerons, i “produttori verticali”, quei contadini veri che gestiscono tutto il processo, dalla vigna alla bottiglia. Una forma d’artigianato che ha contribuito in maniera determinante a rendere grande il vino italiano; personaggi fondamentali che vanno salvati a tutti i costi, perché sono gli unici che hanno un rapporto vero con il territorio, che sanno prenderne le misure in base ai suoi bisogni, che possono conoscerne i limiti e rispettarli. Altrimenti l’unica alternativa è che il vino finiscano per farlo (e guadagnarci sulla quantità) soltanto i commercianti. In una parola sarà il trionfo del vino industriale: magari anche non cattivo ma senza identità, senza umanità e cultura della vigna. Ci s’interroga su come intervenire, lo fanno gli stessi vigncrons che dimostrano voglia di unità e spirito propositivo riunendosi a Montecatini per discuterne. Ciò che pare evidente è che per scongiurare un disastro sia necessario ripartire dal locale,dal territorio, ovvero dal valore che loro sanno esprimere meglio. Ma locale significa anche puntare sui mercati locali, e convincere i comunicatori del vino - che dovranno farsi un piccolo esame di coscienza - che non ci sono soltanto le grandi eccellenze: c’è da fare conoscere anche il 95% del vino italiano che è vino quotidiano, spesso molto buono. Allo sforzo di comunicazione degli operatori, i vignerons dovranno però poter rispondere rilanciando sulle loro qualità migliori, come per esempio la sostenibilità. Una parola che oggi è
tanto di moda nel mondo del vino, ma come tutte le mode (vedi l’utilizzo delle barrique) rischia di essere passeggera, e non lasciare nulla per un futuro con basi solide. Sostenibilità che va tenuta in vigna e in cantina, attraverso stili produttivi con minor impatto ambientale e rispettosi della fertilità del suolo, che è la risorsa primaria per il vino (se si conta che il 40% di pesticidi, funghicidi ed erbicidi utilizzati dall’agricoltura europea finisce nella viticoltura, il settore dovrà veramente ridiscutere il suo modus operandi se non vuole ritrovarsi un giorno completamente senza terroir). Ma sostenibilità che dovrà essere anche economica, per tutto il settore, dove non si straproduce e si fa gruppo per ripartire dal locale, da un’identità molto radicata nel territorio. I vignerons hanno tutte le carte in regola per dare inizio a una nuova rivoluzione produttiva e di mercato, proprio come fecero nell’86 risollevando le sorti del nostro vino: aiutiamoli e difendiamoli, diventiamo i loro co-produttori imparando a conoscerli e ad apprezzare i loro vini anche per le storie umane che si portano dietro.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su