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La Repubblica

VivereSlow … Macchia mediterranea, mare limpido, grifoni e pastorizia. E poi quel piccolo comune dell’oristanese, un inno alla dolce lentezza… Se da Alghero si percorre la strada litoranea verso Sud, avvicinandosi a Bosa, in provincia di Oristano, sarà difficile credere ai propri occhi: macchia mediterranea intonsa e selvaggia per chilometri a picco sul mare, promontori, ripidi e silenziosi sentieri, ampi scorci panoramici senza palazzine a turbare l’occhio, soltanto qualche ovile o antico rifugio per pastori. Siamo lontani dalla Sardegna più mondana che ha antropizzato le coste fino a renderle degli unici lunghi villaggi turistici. L’area è protetta, perché è casa del raro Avvoltoio Grifone (ci vive l’ 80% di tutta la popolazione residua in Italia). L’unica attività consentita è la pastorizia, nel totale rispetto della natura. È un’ altra Sardegna quella che si può godere soggiornando a Bosa, piccolo comune colorato e tranquillo, un’oasi slow perfetta per questi primi giorni d’ autunno, quando lì l estate si sente ancora. Il nucleo antico del paese, il rione “Sa Costa”, è di origine medievale, costruito ai piedi del Castello dei marchesi Malaspina (XII secolo) che, dalla cima del colle di Serravalle, domina l’estuario del fiume Temo lungo il quale si è sviluppata la parte più recente della città fino al litorale verso Sud, su cui invece è stata costruita Bosa Marina con la sua lunga spiaggia di sabbia scura, ricca di ferro. “Sa Costa” è la parte più caratteristica del paese, con piccole case abbarbicate lungo le pendici del colle, edificate in senso verticale con singole stanze l’una sull’altra. Oggi sono casette colorate che disegnano un quadro variopinto ancor più suggestivo alla luce del tramonto, uno spettacolo cui è difficile sottrarsi e che ha ispirato schiere di artisti. Le case di “Sa Costa” appartengono principalmente a turisti stranieri o continentali, perché durante gli anni ottanta sono state letteralmente abbandonate dai locali, i quali si sono trasferiti in alloggi più comodi attorno alla foce del fiume. Case più comode ma che tradiscono in alcuni punti le caratteristiche tipiche delle speculazioni edilizie, che oggi andrebbero bloccate. Il fascino del rione però resta intatto e lungo le vie strettissime si possono ancora incrociare delle signore che fanno il “Filet”, una tecnica di ricamo su un grosso telaio di legno o che d’ estate fanno seccare i pomodori bosani, piccoli e gustosi. Lungo il fiume, a destra c’è il centro ottocentesco, con i ricchi palazzi delle famiglie che gestivano le tante concerie, attività principale della città dalle radici antichissime e attiva fino a metà secolo scorso. A sinistra invece ci sono le concerie stesse, archeologia industriale diventata monumento nazionale. Il Temo è l’ unico fiume navigabile della Sardegna. È bello risalirlo in barca o costeggiarlo, incontrando la chiesa romanica di San Pietro “extramuros”, iniziata nel 1073 e ampliata nei secoli successivi. Un angolo in cui i fertili campi, che producono per una succulenta gastronomia tra mare e terra, iniziano a confondersi con la flora fluviale, e il paesaggio pian piano ritorna selvaggio. Dal punto di vista agricolo va assolutamente sottolineata la produzione della malvasia di Bosa, un vino dolce frutto di un’ accurata ossidazione, che grazie al lavoro di bravi produttori sta raggiungendo picchi qualitativi notevoli. E poi c’è il mare: una passeggiata nella macchia per scendere verso le spiagge rocciose di Tentizzos, Sos Puppos o S’Abba Druke preparerà lo spirito ad accogliere la meraviglia di rocce scolpite dagli elementi e un’acqua limpida come poche. Altro che yacht e veline, a Bosa ci sono i veri ingredienti per vivere bene.

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