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La Repubblica

Ristoranti ... La classifica dei superchef. Italia ok, trionfa un danese... A Londra la premiazione del “World’s 50 Best”: nell’elenco molta Spagna, sei locali italiani e otto francesi. Il modenese Bottura sale al quarto posto nella graduatoria generale, ma nel voto dei colleghi è il numero uno... “Non potevo riceve premio più bello e importante. Essere la chefs choice dell’anno, il cuoco più votato dai colleghi di tutto il mondo mi riempie il cuore di gioia”. È un fiumein piena Massimo Bottura, il cuoco modenese due stelle Michelin, che ieri sera è stato acclamato come nessun altro durante la premiazione del San Pellegrino World’s Best Restaurants. In realtà, nella classifica mondiale del premio, giunto alla nona edizione, il primato appartiene ancora al Noma di René Redzepi, il cuoco danese che l’anno scorso aveva messo fine, non senza polemiche, al lungo regno di Ferran Adrià e del suo mirabolante Buili, in chiusura a fine luglio. Ma diverso è il fascino, diversa la forza propulsiva. Redzepi ha portato a Copenhagen i concetti di local, terroir e gourmand, fondamento dell’alta cucina italiana, modulandoli sul dna scandinavo. La ricerca di materie prime incontaminate (alghe, bacche, funghi), la valorizzazione di ingredienti a lungo utilizzati senza troppa attenzione (il pescato del nord, la carne di renna, i formaggi a latte crudo) l’introduzione delle nuove tecniche figlie del rinnovato abbraccio tra scienza e cucina hanno fatto del Noma il punto di riferimento dell’alta gastronomia del nord Europa. Bottura, che quest’anno è saltato dalla sesta alla quarta posizione, subito alle spalle di due straordinari ristoranti spagnoli - Celler de Can Roca e Mugaritz - è l’alfiere della cucina emiliana del terzo millennio, tesa tra la via Emilia e il mondo. Entusiasta, immaginifico e furiosamente ancorato alla religione laica di Parmigiano e aceto tradizionale
balsamico, il più rock dei cuochi nazionali ha saputo costruire l’immagine della nuova cucina
d’autore, regionale negli accenti, internazionale nel linguaggio. In scia a Bottura, ottime le
performance di Davide Scabin, che proietta il torinese Combal.Zero dal trentacinquesimo al ventottesimo posto, e di Carlo Cracco, che rientra dopo un solo anno di purgatorio al numero 33, una posizione sotto Le Calandre, in caduta di dodici gradini. Tra i primi quaranta anche Dal Pescatore e Il Canto, ovvero l’alfa e l’omega della cucina italiana, eccellenze fra tradizione e ricerca. Cinque dei sei ristoranti italiani premiati dai quasi mille giurati che ogni anno partecipano alla classifica praticano una cucina d’innovazione, a dimostrazione che nostri artisti della gastronomia ricevono più attenzioni all’estero che in patria. Ma la classifica dei 50 Best dice anche molto altro. Per esempio, che al di là di sporadiche, meritevoli eccezioni - su tutte, la tri-stellata Anne Sophie Pic, premiata come chef-donna 2011 - la Francia, pur con i suoi otto ristoranti tra i primi cinquanta, ha dismesso i panni della grandeur gastronomica, mentre il nuovo che avanza ha i modi lievi e il talento vibrante dell’americano Grant Achatz, Chicago, la forza trascinante del brasiliano Alex Atala, la poesia tradotta in piatti del giapponese Narisawa. L’altro, grande collante di questa pattuglia di cuochi virtuosi ruota intorno alla scelta del trittico “buono, pulito & giusto”, che si traduce in materie prime di piccoli produttori, coltivazioni biologiche, giusta remunerazione di chi lavora tra sala e cucina. Il primato del pomodoro di una volta, insomma. Però figlio di un’agricoltura di nuovo sana, pagato il giusto a chi lo produce, rispettando i diritti di chi lo raccoglie. I grandi cuochi del pianeta l’hanno chiarissimo in mente. Forse anche noi, un giorno.

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