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La Repubblica

Puntiamo sulla qualità ... Il ministro Francesco Saverio Romano è fresco di nomina e quindi non ha ancora potuto aprire tutti i dossier che Galan gli ha passato ma qualcuno del suo ministero dovrebbe pur spiegargli che proprio non c’è motivo di brindare al fatto che l’Italia è, o sarebbe, diventata il primo produttore di vino al mondo. A parte il fatto che l’Italia si è meritata negli ultimi mesi le rampogne della Unione Europea per il grottesco balletto delle cifre fornite, ogni volta differenti fra loro, sulla produzione di vino 2010, dall’Istat, dall’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura),
dall’Assoenologi e ora dalla Coldiretti, che senso ha rallegrarsi per il primato di ettolitri di vino prodotti: quali vini? Prodotti a quale prezzo? Soprattutto, venduti a quale prezzo? Con quali margini per i viticoltori? Con quali benefici per l’economia del Paese? È vero che l’export è in crescita, ma ha presente il ministro che per esempio nel settore degli spumanti sospinto e drogato dal successo del Prosecco, il prezzo medio al litro di un vino italiano negli Usa è oggi di 5 dollari contro i 23,9 dollari di un litro di vino francese? E sa il ministro che tre mesi fa sono stati avviati alla “distillazione di crisi” perché nessuno sapeva che cosa farne 114mila ettolitri di vini a denominazione di origine, indicazione geografica e generici per un costo, a carico dello Stato, di 7 milioni di euro? E se qualcuno, a parte il ministro Romano, mai ritenesse che la crescita della produzione di vino sia di per sé un obiettivo da perseguire, perché mai in Italia si sono espiantati 150mila ettari di vigneto negli ultimi dieci anni, addirittura ricorrendo a incentivi finanziari per chi rinunciava a fare il vino? In realtà, i vitivinicoltori hanno ben capito, anche a loro spese che sul mercato vincono la qualità e le peculiarità dei buoni vini italiani, ma non c’è nessun premio per chi produce uve destinate a essere svendute all’industria e vini senza identità né virtù. Se ne ricordi il ministro quando metterà mano al budget di 500 milioni per la promozione nei prossimi tre anni dei prodotti-bandiera dell’agroalimentare italiano.

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