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La Repubblica

Book food ... Dopo le Coop anche Feltrinelli sceglie di trasformare trenta locali della catena unendo cibo di qualità e buoni testi... La nuova ricetta c’è già: ingredienti base romanzi, saggi, tascabili, formaggi, affettati, vino doc, focaccia, pasta, musica, incontri letterari ed eventi. Varia la preparazione, a seconda della fantasia di ogni chef, ma soprattutto c’è ancora una forte incertezza sui tempi di cottura. Feltrinelli è in fresca partnership con l’Antica Focacceria San Francesco (Effe 2005 è entrata nell’azienda palermitana simbolo delle battaglie antimafia con il 49% del capitale lo scorso febbraio). Le librerie Coop, con Eataly (partecipata dalle cooperative al 40%) da quasi tre anni sposano libri e ristorazione nell’ex cinema Ambasciatori di Bologna, premio internazionale l’anno scorso per il retail più innovativo del mondo. E anche librai indipendenti in tutta Italia, in piccolo ma con ambizioni di qualità sia letteraria che gastronomica, si sono messi sulla scia della trasformazione annunciata: un caso molto citato nel passaparola di chi sta ragionando sul futuro del libro è Liberrima di Lecce: bar-enoteca-ristorante-libreria fisica e online, tutto in un cortile barocco, 14 persone nello staff, fatturato all’80 per centro fatto dai libri, 20 per cento dal resto. Ma da Palermo alle Langhe gli esempi sono tanti. La domanda cruciale non è “se”, ma “quando” la gastro-libreria smetterà di essere un modello per provare a diventare uno standard. E il timing esatto, quello che potrebbe garantire il miglior risultato di una rivoluzione comunque complicatissima e onerosa se fatta su larga scala, dipende dalla velocità stimata della crisi del libro e delle sue forme di vendita tradizionali. Che a sua volta si può misurare, almeno in parte, sul progresso dell’ebook. Per questo l’ultimo report dell’Aap, l’associazione degli editori americani, rilasciato a Washington il 21 luglio, è da alcuni giorni sui tavoli degli addetti ai lavori. Cifre crude: su 2 miliardi e 48 milioni di dollari di vendite totali, i tascabili per adulti restano la prima voce (473 milioni) ma perdono il 17,9 per cento in un anno, i libri in hardcover perdono il 23,4 per cento e passano da seconda e terza voce, mentre le vendite degli ebook passano dai 150 milioni di vendite del maggio 2010 ai 389,7 milioni di dollari del maggio di quest’anno (più 160 per cento), superando gli hardcover e sfiorando il 20 per cento del mercato librario trade (scolastici esclusi). L’America non è (ancora) l’Europa, certo, ma il messaggio è chiaro: per quanto si possa frenare sul piano legislativo e regolamentare lo sbarco annunciato del reader Kindle di Amazon, per quante norme a difesa delle librerie si possano strappare (l’ultima è la legge sui prezzi), l’attesa del diluvio che negli Usa ha spazzato via catene importanti e centinaia di punti vendita (dal piccolo bookshop al supermercato del libri) non sarà infinita. L’idea per la salvezza è costruire un’arca che gli americani non hanno mai inventato (ci sono i caffè, non l’alta qualità del cibo) ma la fantasia italiana potrebbe assemblare coi pezzi migliori della propria identità: letteratura, buona tavola (vino incluso), piazza. Quel che accade negli altri mondi, in America e Australia, assomiglia più alla costruzione di posti con prodotti eleganti e glamour: sono tanti gli store che vendono insieme libri, oggettistica e persino vestiti. Lo scorso anno a New York, nel West Village, ha aperto la prima Bookmarc, la libreria “firmata” Marc Jacobs, dove accanto agli scaffali dei libri ci sono quelli di gadget e borse griffate. Lo stilista di Vuitton progetta ora di fondare una vera e propria catena di bookstore con il suo marchio, da San Francisco a Milano. Diverso l’approccio dell’Inghilterra dove la catena di librerie Waterstone ha da poco aperto bar e ristoranti nei suoi punti vendita affidandosi al gigante del catering Elior. Per Romano Montroni, mente dell’operazione Coop-Eataly, è una via tracciata da tempo: “Se è vero che la libreria deve restare legata alla qualità della proposta, il binomio sarà con la cultura enogastronomica riscoperta da Slow food e il tessuto connettivo la capacità di far diventare i negozi luoghi di evento culturale, incontro fisico tra autori e lettori e palestra di idee”. Più indefiniti i tempi della prossima tappa in cantiere dopo l’Ambasciatori: “All’ex stazione Ostiense, tra fine anno e la primavera 2012”. Strategia definita anche per Feltrinelli, fin dal testo dell’ accordo societario con l’Antica Focacceria San Francesco: “Realizzare un concept di ristorazione a marchio Feltrinelli all’interno delle librerie della catena, che sviluppando la formula già operante nelle Feltrinelli di Largo Argentina e galleria Colonna di Roma e di piazza dei Martiri a Napoli realizzi un format applicato a trenta punti vendita in cinque anni”. Si tratta di passare alla pratica passando per un restyling architettonico che integri tavolini e scaffali, spazi d’incontro, cucine e banconi, per arrivare alla logistica di una filiera di approvvigionamenti, servizi, lavorazioni in grado di mettere a dura prova anche chi per mestiere distribuisce e muove milioni di volumi. Maurizio Guagnano, lo stratega in proprio di Liberrima a Lecce, sospira: “Con la mozzarella non c’è diritto di resa e la data di scadenza è obbligata, altro che la vita breve in libreria dei romanzi che vendono poco...”. Lui i conti li ha fatti tornare anche con un tocco di genio, il “Cesto letterario”: un libro, un vino, due prodotti tipici del territorio, tutto spedito velocemente con Ubs a qualunque destinazione. “Con i turisti, anche stranieri, ha un successo strepitoso. Abbiamo deciso di proteggere l’idea con un brevetto europeo”.

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