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La Repubblica

Verde Natal ... Il menù delle feste può diventare un inno al piacere anche senza zamponi e macinati, faraone e frattaglie Basta trasformare le verdure (e se non si è puristi anche i formaggi e il pesce) in regine dei nostri piatti. Cosa che tante ricette della cultura mediterranea già fanno. Da sempre ... Bianco Natale. Ma nel senso di maccheroni ai formaggi, purè, cavolfiori al gratin, fonduta, panna cotta. Oppure rosso celebrazione: ma nel senso di pizzette, chips di barbabietola, risotto al radicchio, peperonata, bavarese ai frutti rossi. Nei giorni in cui macellerie e pescherie vivono la loro massima gloria, tra super arrosti e macinati per farciture, faraone e frattaglie, zamponi e baccalà, una parte ormai consistente di italiani - uno su dieci, secondo le ultime statistiche - si allena ai fornelli per trasformare verdure e formaggi nei protagonisti assoluti di cenone e dintorni.
Sacrificare la rassicurante opulenza di cotechini e brasati in favore di piatti che non prevedono la morte di animali potrebbe apparire una diminutio gastronomica. Errore: evitando pregiudizi e pigrizie, ci si affaccia su una miriade di ricette strepitose. Si potrebbe dire che il Natale vegetariano è una questione di colori: il menti delle feste può diventare candido o multicolor, perché le verdure tutto consentono, a patto di trattarle bene. Del resto, sfogliando l’infinito catalogo delle ricette tradizionali italiane, trovare piatti che esaltino la base della dieta mediterranea è facile come fare surf alle Hawaii.
Si dribblano i carrelli dei bolliti per sposare la causa dei ravioli di magro, il capitone in favore della parmigiana di melanzane, il cotechino per la mozzarella in carrozza, senza abdicare a patate al forno e caponata. Certo, la definizione di menti vegetariano va trattata con attenzione, visto che al suo interno l’unica ripudiata, senza se e senza ma, è la carne, mentre sul pesce si apre il primo discrimine che si traduce in possibilità per i napoletani di godere per intero del menti di magro della vigilia. Poi esistono i vincoli dei vegetariani propriamente detti - né carne né pesce - con uova e formaggi a farla da padroni. Ma il vero cimento, senza arrivare agli estremi dei “crudisti” (nessun cibo scaldato sopra i 45° di calore, pratica che riduce allo zero quasi assoluto la mediazione culinaria), riguarda il menu di Natale dei vegani, refrattari alle proteine di qualsivoglia animale, vivo o morto che sia. Quindi, niente latte e latticini, niente uova e nemmeno miele. Una sfida che l’alta gastronomia planetaria ha saputo raccogliere e vincere molto più di quanto succeda in Italia, malgrado il nostro vantaggio in termini di materie prime. Così, da Parigi a Hong Kong, da Tokyo a Barcellona, i ristoranti di “pure food”, lontanissimi dalle ricette punitive di un tempo, sanno attrarre i clienti a prescindere dai vincoli dietetici grazie a piatti ad alto tasso di golosità, tanto che nella NewYork del multilinguismo alimentare solo un frequentatore su quattro di veg-restaurant si dichiara vegetariano. Da noi, al contrario, i menù vegetariani sono ancora sinonimo di cibo tristanzuolo e di scarsa soddisfazione. Se volete sconfiggere la diffidenza, provate la ricetta che lo chef vegetariano Pietro Leemann ha ideato per voi. In caso la prepariate per il cenone di Capodanno, le lenticchie augurali sono le benvenute. Basta non soffriggerle con la pancetta.

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