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La Repubblica

Solo i buoni artigiani possono ottenere bottiglie di qualità ... E questo grazie all’esempio di alcuni precursori e alla nascita di alcune manifestazioni di grande rilevanza come quelle organizzate da VinNatur e ViniVeri. Il successo commerciale ha portato con sé alcuni danni collaterali come l’adesione interessata di qualche produttore furbetto alla ricerca della moda del momento. Si sono creati dei veri e propri partiti che appoggiano in modo incondizionato i vini naturali o li bollano semplicemente come invenzioni di marketing. Una polemica questa che rischia di creare confusione. Stiamo rivivendo così una guerra di religione simile a quella pro e contro le barrique a cui abbiamo assistito negli anni Novanta. Chi produce e sceglie di definire i propri vini come “naturali” (termine che sarebbe improprio poiché il vino non è un prodotto “naturale”, ma spiega la distanza nei confronti di quelli troppo “costruiti”) tendenzialmente desidera eliminare i tanti additivi chimici permessi dalla legge e ridurre o eliminare la solforosa nelle bottiglie. Sono obiettivi nobili e condivisibili. Il rispetto dell’ambiente e della nostra salute sono fatti di primaria importanza. Per fare vini naturali e anche buoni bisogna non perdere di vista nessuna fase, perché, poi, non si possono utilizzare alcune scorciatoie offerte dalla chimica e dalle tante pratiche di cantina che oggi sono a disposizione dei produttori, per questo è importante che chi lo fa abbia le capacità tecniche. Altrimenti si rischia di rovinare l’intero movimento. Ed ecco il punto fondamentale: non basta fare un’agricoltura pulita e una vinificazione poco interventista, per realizzare dei grandi vini. Ci vogliono attenzione e capacità artigianali spiccate. Se ci sono queste condizioni si ha il massimo: ecologia, salute e ottime bottiglie. Non è un’utopia: un numero crescente di produttori italiani e francesi sta dimostrando che questo è possibile.

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