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La Repubblica

In Sicilia. Se il vino rinuncia ai gradi ... “Il sole, la spiaggia, la campagna, con i suoi uliveti e con i suoi vigneti, che arriva fino a
qui... che cos’è, mi chiedo, il segreto della Sicilia, della sua estrema bellezza, del suo incanto misterioso e onnipresente?”. La domanda abita inquieta le pagine di Vino al vino di Mario Soldati. Una riga appena, ed ecco la risposta:
“Non, c’è alcun dubbio: questo segreto è lo spazio, la grandiosità...”. Impossibile dargli torto: con le vigne sdraiate sulla sabbia o abbarbicate alle falde del vulcano, le escursioni termiche che infuocano gli acini per poi raggelarli, i terreni pencolanti tra limo, argilla e calcare, dove prosperano macchia mediterranea e vegetazione subtropicale, la Sicilia srotola il suo tappeto di vigne per molti dei trecento chilometri che separano Marsala da Messina e i quasi duecento esistenti tra Milazzo e isola delle Correnti.
Per questo, non esiste in Italia vendemmia altrettanto lunga, articolata e varia. Si comincia coni primi grappoli di Chardonnay raccolti a metà luglio, per arrivare ai poderosi acini rossi del tardivo Nerello Mascalese, che si godranno il sole in pianta fino a fine mese e oltre, con cesoie e vendemmiatrici senza riposo fino ai primissimi brividi di freddo. Potere della biodiversità, tradotta in un’incredibile varietà di produzioni, dal bianchi più freschi e asciutti ai rossi profondi e carnali, fino ai grandi vini da meditazione. Una condizione specialissima, che le grandi cantine da Zoom (Feudo Principi di Butera) a Firriato - hanno imparato a sfruttare, acquistando a più riprese piccole porzioni di campagna già vitate, o pronte a diventarlo per esigenze di mercato, da un versante all’altro. Non è certo la tradizione a mancare, se è vero che un gruppo di archeobotanici sta lavorando per recuperare i vitigni della zona tra Ad Trezza e Piazza Armerina, Catania, dove Omero colloca la dimora dì Polifemo, poderoso bevitore di vini locali. Una ricerca intrigante, a corollario dell’enorme lavoro fatto per sdoganare una terra troppo a lungo considerata la Cenerentola dei mosti, capace solo di rimpolpare le produzioni del nord povere di gradazione grazie al suoi grappoli gonfi di zucchero e sole.
Il primo passo è stato annullare l’handicap delle alte temperature che trasformano gli acini in marmellata, grazie alle vendemmie notturne e ai vani-raccolta refrigerati. Migliorate le tecnologie, sono stati individuati i vitigni in cui investire, ed è esplosa la produzione di vini da uve internazionali, con Chardonnay e Merlot a farla da padroni. Ma prima che le produzioni seriali trasformassero la Sicilia nella California del Mediterraneo, i piccoli produttori hanno rialzato la testa, rivendicando l’orgoglio dei vitigni autoctoni: così, l’Etna è diventato il nuovo Eldorado vinicolo, mentre alcune grandi cantine hanno cominciato a inseguire senza troppa fortuna Franciacorta e Trentino sul terreno degli spumanti.
Se avete qualche giorno da spendere, raggiungete la Sicilia e provate l’ebbrezza della vendemmia sul mare. Poi, sedetevi al Caffè Sicilia, a un passo dalla cattedrale di Noto, casa di uno dei più geniali pasticceri del mondo, Corrado Assenza, e ordinate una fetta di torta di fichi caramellati. Vi arriverà con un bicchiere di Marsala Vecchio Samperi di De Bartoli. Inebriatevi della magia del tramonto barocco e brindate all’autunno.

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