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La Repubblica

Nell’Abbazia tra le vigne dei papi a ristorare lo spirito ... Le vigne del Papa sono più ripide della strada per il paradiso, 200 per cento di pendenza, ma il vino che producono è una buona replica dei medesimo. Quand’era ancora cardinale, Joseph Ratzinger si regalava ogni tanto una vacanza proprio qui all’Abbazia dove, lui che adora più che altro l’aranciata, non rifiutava un mezzo bicchiere di Gewürztraminer. Anche Papa Francesco non disdegna, essendo l’Abbazia di Novacella un fornitore del Vaticano. Quando lo hanno nominato “sommelier ad honorem”, Bergoglio ha detto: “Senza vino non c’è festa: immaginate di chiudere un banchetto con una tazza di tè”.

Da quasi 900 anni i luoghi sacri dell’Abbazia di Novacella sono la basilica, la biblioteca e la cantina. Qui si contano 18 parrocchie, 23 canonici agostiniani e 17 “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso: stilare classifiche di merito è esercizio ozioso. “Come dice Faust, due anime sono nel mio petto. Spirito e corpo: sempre pensato che, in fondo, siano la stessa cosa”. Il padre Artur Schmitt è uno dei 23 canonici dell’Abbazia e dirige il Centro culturale di Novacella, mille eventi ogni anno nella sala congressi dove si parla di Dio ma anche di Cesare. “Nessuno viene qui solo per il vino o solo per la Chiesa, da noi convivono entrambe le vocazioni sotto il segno dell’accoglienza. E lo splendore della natura, la profondità dei nostri codici miniati, l’aroma fruttato dei bianchi e il sapore delle nostre merende parlano nello stesso modo al mondo della bellezza del creato”.

Storia e azienda, tradizione spirituale ed iniziative commerciali convivono per l’edificazione delle anime e dei fatturato, una decina di milioni, tutti gli utili reinvestiti. Ente religioso e azienda agricola hanno la medesima partita Iva. Novacella, 50mila biglietti staccati ogni anno, già nel 1142 era un luogo di preghiera e ristoro per le genti che dal Nord Europa scendevano in pellegrinaggio verso Roma o Gerusalemme, via Vene

zia. “In fondo, i turisti sono i moderni pellegrini e il vino è sempre stato la loro benzina”. Il dottor Urban von Klebelsberg è amministratore delegato, agronomo e procuratore di Novacella, 700mila bottiglie l’anno, 3mila clienti, una rete di diffusione in 40 Paesi: “Ma l’ultima parola spetta sempre al nostro abate, guida spirituale e legale rappresentante”. Si chiama Eduard Fischnaller, ha appena 45 anni, un volto da ragazzino e un fisico da pivot. È stato eletto l’anno scorso e prima faceva il parroco: perché da queste parti non soltanto le viti sono ben piantate in terra.

Si arriva, si parcheggia e subito si fa tappa in una specie di sacrestia chiamata klosterladen, che sarebbe l’enoteca. Resistendo alla primaria tentazione del Sylvaner, del Kerner, dello sciroppo di pino cimbro e della composta di biancospino, si può proseguire verso il Pozzo delle meraviglie (le 7 dell’antichità classica più l’Abbazia stessa, non proprio un inno alla modestia), verso lo splendido chiostro e nella basilica dove risuona un rarissimo organo stereofonico “tra i primi costruiti in Europa”. Da un affresco penzola la celebre "gamba di Novacella", la gamba di un soldato che invece di essere dipinta è di gesso, e 365 angeli lignei vegliano sulle umane sorti, “uno per ogni giorno dell’anno: di angeli c’è un gran bisogno, no?”, dice il dottor Urban che ci fa strada a passo svelto verso le vigne. “Il nostro particolare clima da villeggiatura, fresco di notte e caldo di giorno,

rende il vino di montagna aromatico, fruttato e sapido. Un’espressione dei territorio senza neppure un grammo di erbicidi”. Sei ettari di proprietà sulle colline che degradano tutt’intorno, altri 60 di contadini da cui l’Abbazia compra le uve, una produzione da gran premio che nacque da una maledizione, però benedetta: “La filossera che nel Medio Evo distrusse completamente i vigneti che davano un rosso orrendo, del tutto inadatto al luogo. Da quel momento è cominciata una giusta vocazione. Si potrebbe dire, dopo il fuoco purificatore della malattia”.

Le strettoie della recessione non hanno mai varcato il confine della Val d’Isarco, chissà se anche questo miracolo dipende più dal corpo o dallo spirito. “Crisi zero, per fortuna. Abbiamo un ottimo mercato italiano e americano e siamo ben collocati anche in Russia, Giappone e Australia”. Un lavoro di gruppo, però anche qui c’è Messi: è l’enologo Celestino Lucin, nel 2009 il

Gambero Rosso lo elesse il migliore d’Italia. “Non esiste altra strada se non quella della serietà e della qualità”. Nessun conflitto con la cooperativa di produzione che garantisce le uve, né con le esigenze spirituali dei ca

nonici agostiniani e con le loro

aree di clausura. Il dottor Urban ce ne mostra una, a rigorosa distanza: è il giardino storico dove crescono i fiori per l’Abbazia e un’ottantina di erbe aromatiche, oltre il frutteto. Eppure, questo non è un mondo separa

to dal mondo. Ce lo spiega un ragazzo dallo sguardo sveglio, Elias Holzer. Il suo compito è curare i profili social di Novacella. C’è campo, nell’alto dei cieli, tra Dio e Facebook. “I giovani ci seguono moltissimo, si interessano alle nostre attività perché Novacella si

gnifica preghiera e vini ma anche concerti jazz, mostre di arte contemporanea e corsi di ogni tipo, dall’acquarello botanico allo Shaolin Qi Gong”, qualcosa tra l’arte marziale leggera e la meditazione. Elias ha 27 anni ed è qui dal 2011. “Sono anche sommelier, seguimi”. Ci porta nella Mescita dell’Abbazia, il sacro luogo delle merende dalle 10 alle 19 “ma non la domenica, la domenica è dedicata al signore”. Vasetti di rose sui tavoli, vecchie botti

rovesciate e calici scintillanti in

una morbida penombra di cantina. I turisti ordinano taglieri di speck, capriz d’alta quota e formaggio grigio coperto di cipolla, eppure il mezzogiorno è ancora lontano, “Il Kerner è il nostro ambasciatore”. Elias ne versa due dita, facciamo tre, “Un vero cavallo di battaglia semi-aromatico, secco, minerale, ha un sentore di frutta esotica, ananas e pesca, si sente no?” È davvero particolare questo luogo che non chiude i portoni neppure di notte, così che il viandante possa anche attraversarlo tutto da una parte all’altra, cimitero compreso. “E le toilettes sono gratuite”, sottolinea il dottor Urban. “Sembrano piccole cose, ma anche questo fa accoglienza: gratuite e pulite. Ormai, in Italia, per andare al bagno bisogna prima entrare in un caffè oppure mettere una monetina nella fessura, anche nelle stazioni ferroviarie”.

Oltre il chiostro e il convitto maschile che ospita un centinaio di ragazzi, sotto l’enormità di due ettari di tetti, unità di misura non soltanto della terra, accanto alla centrale di biomassa che riscalda l’Abbazia da un quarto di secolo, si sale alla biblioteca e ai suoi 98mila volumi. Tra i più preziosi, una Bibbia di Lutero. “Il padre bibliotecario la ritrovò solo nel 1972 nel cosiddetto armadio dei veleni, cioè il luogo in cui venivano chiusi i testi proibiti”. Abbazia, scriptorium, pergamene, veleno. Sarà forse il caso di non sfogliare le pagine leccandosi le dita?

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