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La Repubblica

Bottura perde lo scettro: è secondo … È alta la tensione nella grande sala del Royal Exhibition Building quando lo speaker annuncia il secondo piazzato. Sullo schermo appare la foto di Massimo Bottura, e le mille persone presenti sembrano per un attimo trattenere un unico respiro collettivo. Alcuni bisbigli increduli. Poi il boato, quando ormai è chiaro che il nuovo campione del mondo si chiama Daniel Humm. Lo svizzero dell’Eleven Madison Park di New York scoppia in lacrime mentre abbraccia l’amico modenese, poi si avvia a ritirare il suo premio. Siamo a Melbourne, scelta quest’anno come città ospite per la sempre più complessa macchina dei 50 Best Restaurants, il pallone d’oro della cucina, figlio di un imponente sforzo organizzativo commisurato alla risonanza mediatica che la classifica annuale ha ormai acquistato. Buon successo di squadra per l’Italia, che oltre all’argento di Bottura festeggia il 15o posto di Piazza Duomo di Enrico Grippa, il 29o delle Calandre degli Alajmo e 43o della new entry Niko Romito con il suo Casadonna. Nella classifica per nazioni è ancora prima la Spagna con 7 ristoranti, davanti agli Stati Uniti con 5 e a Italia e Francia con 4. Nessuna particolare sorpresa nelle primissime posizioni, ma è significativa la crescita di rincalzo dei ristoranti sudamericani e asiatici. Sempre forte è la risonanza della manifestazione che cresce nonostante le critiche e le domande, tuttora senza risposta, che ogni anno arrivano agli organizzatori. Gli oltre 1000 giurati, fra cuochi, ristoratori, critici e gourmet itineranti, non sono infatti tenuti a dimostrare di aver effettivamente visitato i ristoranti per i quali votano. Mai documentato, ma palese negli effetti sulla classifica, è poi il lavoro sotterraneo - vere e proprie campagne elettorali - svolto per convogliare i voti a favore di uno o d’un altro ristorante. Lavoro svolto non tanto dagli sponsor, cui poco può importare del piazzamento dei singoli ristoranti, quanto da gruppi attivi di sostenitori, da pierre, in alcuni casi dagli stessi coordinatori dei panel nazionali, spagnolo e in francese innanzitutto negli armi passati, invero mai da quello italiano. Il mondo dell’alta gastronomia ancora adesso si domanda - ed è domanda retorica - per quali vie Le Chateaubriand, buon t bistrot di Parigi, abbia ottenuto per anni la palma di miglior ristorante di Francia, oggi altrettanto paradossalmente attribuita al pur ottimo Mirazur di Mauro Colagreco di Mentone, davanti ai vari Passard, Gagnaire, Barbot, Ducasse, Robuchon... Non per caso due anni fa è nata proprio in Francia una classifica alternativa, La Liste, che dopo il primato del 2016, mette insieme i voti di centinaia di Guide, di giornalisti, di siti web e stila una classifica dei migliori 1000 ristoranti del mondo. Servono, e a chi, queste classifiche? A chi voglia comprendere le tendenze emergenti nella gastronomia, senz’altro. Ai ristoranti meglio piazzati, che vedono impazzire il quaderno delle prenotazioni. E a chi va al ristorante? Sì, certo, più di Tripadvisor e delle altre bufale allo stato libero che circolano nel web, a condizione di saperle leggere e soppesare criticamente. In ogni caso il secondo posto - limpido e pulito - di Massimo Bottura lascia un po’ di amaro in bocca ma continua a fare un gran bene all’immagine dell’Italia nel mondo.

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