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La Repubblica

Farnese Vini, la cantina delle 80 etichette va in Borsa … La politica di acquisizioni mirate di piccoli appezzamenti dalla Puglia alla Sicilia, dall’Abruzzo alla Toscana, paga: ricavi in crescita, export al 96%. e ora l’ad Sciotti pensa allo sbarco in Piazza Affari... “Sono all’estero per lavoro oltre 240 giorni all’anno e, dopo molto tempo, riesco ancora ad emozionarmi quanto vedo i miei vini nei migliori ristoranti di ogni nazione, incluso le più sperdute, come l’hotel Sofitel Legend Metropole di Hanoi, oppure nel meraviglioso Hotel Casa di Santo Domingo che si trova ad Antigua, un antico villaggio coloniale spagnolo sulle montagne del Guatemala”: Valentino Sciolti, presidente e amministratore delegato di Farnese Vini, nonchè fondatore del gruppo, ha sempre fatto dell’export la leva principale della crescita e oggi il gruppo di Ortona, Abruzzo, realizza il 96% del fatturato all’estero. Si è sempre aperto un varco attraverso i ristoranti, grandi ambasciatori di cibo e vino made in Italy, ed è arrivato a piantare la bandiera in 78 paesi. “Quello che più mi ripaga di tanti sacrifici è vedere le mie etichette in Paesi di grande tradizione vitivinicola, dove affermarsi è particolarmente difficile: penso ai tantissimi ristoranti in Francia e Spagna, nostri clienti, così come a quelli della Marlborough in Nuova Zelanda, oppure alla McLaren Vale australiana, ai territori di vino sudafricani e californiani”. Sessantacinque milioni di euro di fatturato stimati per il 2017, il doppio rispetto al 2012, Farnese Vini sta scalando la classifica dei principali produttori nazionali, ormai pronta per numeri a entrare tra i 30 principali produttori dell’indagine annuale sul settore di Mediobanca. Ma con una particolarità: è la più importante del Centro - Sud Italia, in un mercato dominato da cantine con le radici piantate dalla Toscana in su. Un’azienda giovane, nata nel 1994, che si sta facendo largo nel mondo con vitigni e storie di territori che neanche gli italiani conoscono bene. Mettendo radici anche nella finanza. Fondata da Sciotti, Farnese vini ha ceduto la quota di maggioranza prima a 21 Investimenti di Alessandro Benetton, che lo scorso anno ha venduto a Nb Renaissance partners, fondo di private equity nato dalla partnership tra Neuberger Berman e Intesa Sanpaolo. “Uno dei più importanti fondi a livello mondiale, un riscatto per il Sud, un passaggio di quote che ha reso più forte l’azienda”, racconta Sciotti. Dall’Abruzzo, terra di origine con la Cantina Caldora e Fantini, si è estesa pian piano in Puglia con Vigneti Salento, in Sicilia, con Cellaro e Vigneti Zabù, in Basilicata, Vigneti del Vulture, e in Campania, con la cantina Vesevo. Ora è sbarcata anche in Toscana, grazie alla partnership con la famiglia Rossetti, dove si arricchisce di altre nove etichette. “Volevamo una crescita realizzata non attraverso l’acquisizione di cantine, ma affittando le vigne dai contadini, che continuano, sì, a coltivare le loro terre ma secondo protocolli di eccellenza e potendo contare su 13 enologi di formazione internazionale Uno staff capace di apportare a ogni piccolo fazzoletto di terra competenze che i piccoli produttori da soli non si sarebbero potuti permettere. Una boutique wineyard, una cantina di nicchia: è quello che avviene in Farnese Vini, che però mette assieme tanti piccoli appezzamenti arrivando a collezionare 80 etichette per un totale di 18 milioni di bottiglie. Tutte diverse, tutte di territorio: Montepulciano d’Abruzzo, Nero d’Avola, Taurasi, Aglianico del Vulture, Primitivo di Manduria, tanto per citare i vitigni regionali di punta. Il risultato: tra i top 100 di Wine Spectator Pano del Ceno, Aglianico del Vulture e una raffica di prestigiosi riconoscimenti internazionali, nel solo 2017 cantina dell’anno in Italia, Germania e Beglio. Ma il prossimo obiettivo è puramente economico: “Andare in Borsa, per dimostrare che il Sud, preso in considerazione solo per i vini da taglio è riuscito a valorizzarsi e a farlo condividendone i vantaggi con chi vive quotidianamente quel territorio”.

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