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L’espresso

Calice di lunga vita ... Le misure proibizionistiche contro l’alcol infuriano. Ma dalla scienza arrivano studi sorprendenti. Un bicchiere di vino al giorno protegge dall’infarto, previene l’ictus e riduce la mortalità del 18 per cento... Le francesi sono magre
nonostante quelle salsine pannose che spuntano su ogni tavola da Lille a Marsiglia? Merito del vin rouge. La dieta mediterranea fa bene? Si, ma anche grazie al classico mezzo bicchiere ai pasti dei nostri nonni. Ma ci sono anche gli olandesi: che subiscono in modo limitato ictus e infarto, pur mangiando salsicce e formaggi, grazie alla birra. Perché, se è vero che l’abuso di alcol contribuisce, più o meno direttamente, al 4 per cento delle morti nel mondo, se è vero che è una delle principali cause di disabilità - e quindi nessun medico si sognerebbe di prescriverlo, come fosse un farmaco - è anche vero che - dati della letteratura scientifica alla mano - è innegabile che un moderato consumo di bevande alcoliche possa arrecare molti benefici. A partire proprio dalla lunghezza della vita. Lo conferma uno studio che arriva dalla Grecia, paese con un modello alimentare simile a quello italiano. Mediterraneo: ricco cioè di carboidrati, frutta, verdura e che tradizionalmente prevede un modesto consumo di vino ai pasti. Pubblicato sul “British Medical Journal”, lo studio è stato condotto da una coppia di epidemiologi dell’alimentazione, Antonia e Dimitrios Trichopoulos. Rappresenta il “braccio” greco del progetto Epic (European Prospective Investigation into Cancer and nutrition), un’indagine che sta coinvolgendo 23 centri in 10 paesi europei con lo scopo di valutare l’impatto di fattori biologici, dietetici, ambientali e degli stili di vita nel causare il cancro e altre malattie croniche. La ricerca ha confermato la capacità della dieta mediterranea di ridurre la mortalità nella popolazione, ma ha aggiunto anche qualche nuovo dato alla comprensione degli effetti protettivi della dieta tipica dei paesi sud-europei. Ha infarti isolato il
contributo che ciascun alimento da alla riduzione della mortalità e l’alcol è quello che più aiuta a vivere a lungo. “Soprattutto sotto forma di vino durante i pasti, come nella tradizione dei paesi mediterranei”, puntualizzano gli autori. Soltanto
dopo, nella classifica dei cibi benefici, vengono il consumo ridotto di carne o quello elevato di frutta e verdura. Un dato che non ha sorpreso più di tanto gli addetti ai lavori. Negli stessi giorni veniva infatti pubblicato sul “Journal of Epidemiology and Community Health” un ampio studio condotto in Olanda i cui dati si riferiscono a una popolazione nata all’inizio del secolo scorso. Risultato: il consumo (moderato) di alcol nel lungo periodo riduce il rischio di mortalità e aumenta quindi l’aspettativa di vita. Nel caso del vino, questo aumento ammonta addirittura a cinque anni e i benefici maggiori si registrano a livello del sistema cardiovascolare con una riduzione di infarti e ictus. Alcol per vivere più a lungo, dunque. Ma in che quantità? “Anni fa ci siamo posti il problema di quale fosse l’impatto netto del consumo dell’alcol sulla salute”, racconta Giovanni De Gaetano, direttore dei laboratori di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Campobasso. “Ci interessava capire se i benefici già rilevati a livello cardiovascolare non fossero vanificati a livello di popolazione generale dai danni epatici, dall’aumento dell’incidenza di tumori o dalle morti per incidenti. Soprattutto, ci interessava comprendere a che dosi di alcol si ottenevano degli effetti positivi”. De Gaetano e la sua equipe hanno analizzato i dati di 34 studi precedentemente pubblicati nella letteratura internazionale, che avevano arruolato in totale oltre un milione di individui, e li hanno analizzati come se fossero un’unica ricerca: i grandi numeri hanno consentito di notare differenze che le ricerche singole avrebbero fatto fatica a mostrare. “Siamo per esempio riusciti a stabilire quale fosse la finestra quantitativa entro cui l’alcol fa bene. Come era da attendersi, gli effetti benefici si ottengono a dosi molto piccole: al di sotto dei 40 grammi al giorno per gli uomini, al di sotto dei 25 per le donne. A queste quantità l’alcol produce una riduzione della mortalità di circa il 18 per cento”. Ceno, un beneficio importante. Ma soltanto per chi sa stare al di sotto delle soglie indicate: due-tre unità alcoliche al giorno per gli uomini, una-due per le donne. Un’unità alcolica corrisponde infatti a circa 12 grammi di etanolo ed è la quantità di alcol contenuta in un bicchiere piccolo di vino, una lattina di birra o in un bicchierino di superalcolico. A queste dosi tutta una serie di composti chimici da il meglio di se. “Ci sono almeno
due tipologie di potenziali principi attivi”, spiega Marcello Ticca, libero docente in Scienza dell’alimentazione alla Sapienza Università di Roma e già Primo ricercatore Inran: “Innanzitutto quelli attribuibili all’alcol in sé, che produce vasodilatazione e ha effetti antitrombotici, evita cioè il formarsi di coaguli nel sangue che possono provocare infarti e ictus. C’è poi l’effetto derivante dalle sostanze antiossidanti, come i polifenoli”. Su questo punto, arriva un’ipotesi proposta recentemente in uno studio pubblicato sul “Journal of Agricultural and food Chemistry” che riguardava il vino. L’effetto antiossidante della bevanda, secondo i ricercatori, si esplicherebbe soprattutto nello stomaco, che funzionerebbe come una sorta di “bioreattore”. Nello stomaco, infatti, i composti introdotti portati dal vino sarebbero in grado di neutralizzare gli effetti potenzialmente dannosi dei grassi ossidati presenti negli alimenti. Quegli stessi grassi che sono già stati associati ad arterosclerosi, cancro, diabete o Parkinson.
Ma non è tutto. Un altro meccanismo sembra spiegare i benefici dcll’alcol: una recente ricerca ha infatti rivelato che il consumo di vino è correlato a un aumento nel plasma e nelle membrane cellulari di acidi grassi omega 3. Ciò contribuirebbe a spiegare gli effetti positivi a carico del sistema cardiovascolare, quelli più evidenti secondo le ricerche fin qui condotte. Le ipotesi si moltiplicano, ma di fatto, tra i ricercatori, non c’è accordo: “Se c’è un effetto delle bevande alcoliche sul sistema cardiovascolare questo è dovuto all’alcol in sé”, contesta Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca Inran, “che fa diminuire il colesterolo. I componenti minori, invece, non hanno nessuna funzione protettiva. Perché la quantità presente non è sufficiente a controbilanciare i rischi dell’alcol”. Di nuovo i nutrizionisti chiamano in causa l’allarme mondiale sui rischi dell’abuso. Ma, allo stesso tempo, moltiplicano le virtù del pericoloso nettare. A Campobasso, ad esempio, i ricercatori coordinati da De Gaetano hanno ipotizzato persino che il vino possa proteggere dalle lesioni cutanee conseguenti al trattamento con radioterapia effettuata contro il rumore alla mammella. “Abbiamo analizzato i dati relativi a circa 350 donne malate di tumore al seno e sottoposte a radioterapia nella nostra struttura tra il 2003 e il 2007”, spiega il ricercatore: “Cercando di valutare quali fossero le variabili che influenzavano la
tossicità cutanea della radioterapia, è emerso che l’uso moderato di vino, cioè uno o due bicchieri al giorno, era associato negativamente alle complicanze della radioterapia. In sostanza svolgeva un effetto protettivo”. Perchè questo accada lo indicano numerose ricerche nella letteratura internazionale che suggeriscono che i polifenoli presenti nel vino - in particolare quello rosso - hanno degli effetti antiossidanti molto marcati che si oppongono allo stress ossidativo indotto dalle radiazioni.
Questa potenzialità andrebbe a spiegare anche altre ipotesi degli scienziati sui potenziali effetti benefici del vino, che potrebbe ritardare la demenza senile e l’Alzheimer; potrebbe contribuire a mantenere più a lungo entro soglie fisiologiche la densità minerale ossea ritardando quindi la comparsa dell’osteoporosi. Potrebbe impedire la formazione dei calcoli alla cistifellea e svolgere un ruolo protettivo contro la sindrome metabolica e l’obesità. Potrebbe addirittura ridurre il rischio di sviluppare alcune forme di cancro. Tutte ipotesi a cui i ricercatori stanno lavorando e avvolte ancora nell’incertezza.
Ciò che è invece certo è che, qualunque tipo di beneficio possa produrre l’alcol, non può ottenersi se non con forme di consumo corrette: “Dovrebbero bere soltanto le persone sane, ai pasti e in quantità moderata ”, sottolinea Ticca. E qualcuno già parla di una nuova cultura della nutrizione. Come Giovanni De Gaetano, che conclude: “In fondo il vino è nella nostra cultura mediterranea da millenni, dai tempi di Ulisse. E qual era la differenza tra Ulisse e Polifemo, se non il saper bere?”.

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