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Magazine / Corriere

Così la roba della mafia è davvero cosa nostra ... Lucio Guarino. Direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità dell’Alto Belice... Se è vero che la mafia, quanto a fatturato, è una delle più importanti industrie italiane, è evidente che altrettanto consistenti sono i beni immobili di cui dispone: le cosche mica tengono i soldi sotto i materassi. Essendo anche impresa criminale, quei beni, talvolta, le vengono tolti e finiscono nella disponibilità dello Stato. L’esproprio è atto positivo ma apre un nuovo fronte, la gestione. In questa zona del Corleonese il problema si è presentato nel 2000: che fare di 200 ettari di terreni sottoposti a provvedimento definitivo di confisca? La risposta era la più semplice: riportarli al loro uso naturale. Con l’aggiunta di un marchio che riscattasse alla legalità il territorio. Così, oggi, gli ettari sono diventati 700 dove lavorano quattro cooperative per una novantina di persone, sono nati agriturismi, centri ippici e stabilimenti per la confezione dei prodotti. I meloni, l’uva, le lenticchie, i ceci, la pasta e le cicerchie che crescono qui portano scritto: “Prodotto agricolo biologico delle terre liberate dalla mafia”. E Lucio Guarino pilota tutto questo: “Si dimostra cosi che può essere restituito alla società civile ciò che la mafia aveva sottratto col sopruso e con l’intimidazione. E che la collettività poteva usare quei patrimoni creando cooperative sociali ai giovani disoccupati e disabili, recuperando condizioni di disagio e creando un’imprenditoria sana e pulita”.

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