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Onore a Mario Soldati che, parlando di vino, ha raccontato l’Italia e soprattutto gli italiani ... Ogni tanto si scrive un viaggio in Italia, un reportage su usi, costumi, luoghi e personaggi nazionali. Il più bello di tutti viene considerato Viaggio in Italia di Guido Piovene ed è una elezione difficilmente contestabile.
Anzi, sono uno dei primi sostenitori del libro di Piovene e l’ho immancabilmente e con gran profitto mio (e, penso, diletto dei lettori) saccheggiato trovandomi a scrivere giornalisticamente di città e province visitate dallo scrittore. Di Piovene è insuperabile la lettura psicologica degli italiani, sottilissima, acutissima, quasi capziosa, da leguleio della psiche, da azzeccagarbugli dello spirito (perché così siamo fatti noi italiani, di un bizantinismo mentale e dell’anima che Piovene rispecchia perfettamente nei suoi reportage).
Ma, dato a Piovene quel che è di Piovene, ho sempre avuto a riguardo dei viaggi in Italia, come genere letterario, un rimorso. Perché c’è forse un viaggio in Italia più bello di quello di Piovene ed è Vino al vino di Mario Soldati. Dagli anni Cinquanta fino alla metà dei Settanta Mario Soldati percorse a più riprese la Penisola per stilare una specie di Guida Touring del vino italiano. Era un lavoro giornalistico, di servizio, come si dice in gergo, dava cioè informazioni concrete su dove procurarsi i vini migliori. Raccolti in Vino al vino e letti di fila, quei reportage diventano un’altra cosa: il più umorale. balzano, eccentrico e bello dei viaggi in Italia mai scritti. Soldati è stato giustamente celebrato l’anno passato in occasione del centenario della nascita (Torino 1906, morì a Tellaro nel 1999).
Ho aderito mentalmente e sentimentalmente a quelle celebrazioni ma sempre pensando che non si stava sottolineando abbastanza la vera grandezza del maestro che non si trova, secondo me. nei romanzi, nei film, nei racconti, ma in quelle scritture di confine che, a volte, non sono nemmeno scritture e che occupano quel territorio, oggi dominante, ed esteso dal giornalismo alla televisione (passando in mezzo alla pubblicità). Soldati era il conduttore televisivo di se stesso, era il produttore, l’autore, il frontman e il presentatore del format di se stesso.
Ecco perché trovo Vino la vino un libro modernissimo, quasi ancora oggi in anticipo sui tempi. Ma chiaramente Soldati non essendo un fesso del lelemorismo sapeva una cosa che oggi nessuno sa più. E questa cosa la spiega benissimo quando scrive com’è l’Italia (parlando di vini ma il discorso vale nel complesso): “È una civiltà anarchica, scontrosa, ribelle. Da noi, l’uomo di valore, come il vino prelibato, schiva ogni pubblicità: vuole essere scoperto e conosciuto in solitudine, o nella religiosa compagnia di pochi amici”. Ecco, Soldati faceva pubblicità all’Italia sconosciuta e brava. Domenico Scarpa è lo studioso che più si è impegnato nella conservazione, promozione e diffusione di Mario Soldati.
E lo ha fatto splendidamente. Firma anche l’introduzione a questa edizione di Vino al vino (uscita qualche tempo fa, scusate il ritardo della segnalazione) e paragona il lavoro di Soldati a quello fatto da Gianni Brera. Soldati con i vini e Brera con il gioco del calcio hanno svolto una funzione pedagogica fondamentale e sono stati due grandi della scrittura esercitandola in campi non ortodossi accademicamente. In stile risorgimentale si potrebbe dire che Soldati e Brera sono due che hanno fatto gli italiani i quali, si sa, fatta l’Italia rimasero poi incompiuti.

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