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Milano Finanza

Il re dell’Amarone a Piazza Affari … Entro due o tre anni la società guidata da Boscaini vuole debuttare sul listino affiancata dal partner finanziario Alcedo sgr. Sarebbe la prima realtà vinicola in Borsa. Da valutare se sbarcare sullo Star o all’Expandi. Potrà letteralmente brindare, Massimo Capuano, per il debutto di una matricola. E lo potrà fare stappando una bottiglia di amarone nell’ex recinto delle grida di piazza Affari.
L’ad di borsa italiana dovrà attendere, ma non troppo. Perché il percorso che porterà lo storico gruppo Masi agricola, fondato nel 1772, da Sant’Ambrogio di Valpolicella al cuore della city finanziaria milanese è già stato impostato con un primo step che ha rivoluzionato l’assetto familiare della società, pressoché immacolato finora. Ma i re dell’Amarone, la famiglia Boscaini, noti in tutto il mondo per la loro offerta di 25 tipologie di vino differenti, quattro dei quali della pregiata uva rossa, hanno deciso di dare un segnale di modernità e innovazione.
Nel capitale dell’azienda veronese che nel 2005 ha avuto un fatturato di 43 milioni di euro (36,7 milioni nel 2004) con un utile netto di 6,2, è entrato con il 28,5% Alcedo sgr che fa riferimento a Giovanni Gajo e Maurizio Masetti, già nel cda della Masi che resta nelle mani dei fratelli Bruno e Sandro Boscaini, quest’ultimo presidente e consigliere delegato. “Un gruppo locale non è adatto alle sfide internazionali di un mercato che si è globalizzato” sostiene il numero uno della società che esporta in 60 Paesi i suoi vini prodotti in 10 milioni di bottiglie “per questo vogliamo creare un polo di aziende di pregio dal Trentino al Veneto, dai Colli Berici al Friuli”. E per realizzare concretamente questo progetto per il quale è “necessario trovare risorse finanziarie” la via diretta è la quotazione in Borsa.
“C’è la necessità, per fare acquisizioni in Italia, di aprire il capitale e la quotazione del listino è l’ipotesi più facilmente percorribile anche in tempi rapidi, una volta raggiunta una dimensione consistente” dice Boscaini, che porterà il giro d’affari della società a fine 2006 a superare i 50 milioni, e che vede quale limite massimo i tre anni. Mentre i partner di Alcedo stimano in “un paio d’anni al massimo” la tempistica per l’ipo, garantendo l’affiancamento, senza dover acquisire altre quote nell’azionariato. Nel mirino del presidente di Masi ci sono i listini Star ed Espandi: “Danno la possibilità di entrare nei segmenti più adatti alle pmi, alle imprese del made in Italy”. Intanto il gruppo vuole crescere nel mercato tedesco e del Regno Unito, rinforzarsi negli Usa e nei Carabi e cercare margini di espansione in Giappone.
In corsa anche Giv. Una spinta all’Ipo arriva anche dalle valutazioni degli esperti di Mediobanca che hanno segnalato l’assoluta assenza dal listino di piazza Affari di case vitivinicole. E che comunque ci sia un improvvison interesse nei confronti della Borsa lo dimostra il fatto che anche il Gruppo Italiano Vini, primo produttore italiano, sta lavorando in ottica. (arretrato del 14 giugno 2006)
Autore: Andrea Montanari

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