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Wine in Italy ... Al salone di Verona anche i collezionisti tastano il polso dei prodotti su cui investire... Forse mai come quest’anno le aspettative per il Vinitaly sono state così alte. Tanto interesse è più che giustificato: la manifestazione, che si svolgerà a Verona dall’8 al 12 aprile, è il più grande salone internazionale dei vini nel mondo, quindi un punto d’osservazione privilegiato per gli espositori, che dopo un’annata assai difficile com’è stata il 2009 contano di avere un quadro attendibile delle possibilità che offre il mercato internazionale in questo momento. Ma è un punto d’osservazione privilegiato anche per appassionati, collezionisti e investitori, che possono ricavare indicazioni preziose sui vini che conviene comprare. Perfino Veronafiere, l’ente che organizza e gestisce il salone, ha motivo di attendere con interesse lo svolgimento della manifestazione: dal suo esito, infatti, avrà un responso sulla validità delle iniziative che ha sviluppato per offrire alle imprese un supporto nel momento della crisi e per aiutarle a cogliere le opportunità che si apriranno nel momento della ripresa. Da 12 anni a questa parte, Veronafiere ha trasformato Vinitaly da semplice vetrina della produzione italiana a strumento propulsivo della sua diffusione nel mondo, con una attività che non si esaurisce nei cinque giorni dello svolgimento della fiera, ma continua ininterrottamente per 12 mesi all’anno. La svolta fu avviata nel 1998, quando venne organizzato per la prima volta il Vinitaly World Tour, un evento itinerante nei paesi d’esportazione più interessanti e dinamici, dove da allora vengono proposti intensi calendari di wine tasting, seminari, workshop, incontri d’affari con gli importatori, senza trascurare iniziative più mondane come i Gala Dinner. L’obiettivo era chiaro fin da allora: internazionalizzare i visitatori della fiera per incrementare le possibilità di esportazione. L’anno scorso il 30% delle 151 mila presenze registrate era di operatori giunti dall’estero, per l’esattezza da 112 paesi. Non v’è dubbio che un afflusso così massiccio ha avuto il suo peso nel consentire alle aziende italiane di reggere meglio delle concorrenti di altre nazioni all’impatto della crisi sull’export. “Già a partire dalla chiusura del Vinitaly 2009 abbiamo lavorato molto sulla promozione all’estero della manifestazione”; spiega il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “e lo abbiamo fatto durante le tappe del Vinitaly World Tour, che in un anno ha toccato due volte gli Stati Uniti, oltre la Russia, Cina, Giappone, Corea, India e Singapore”. La sensibilizzazione di questi sette paesi è stata svolta interessando 13 tra le più grandi città del mondo. Ma Veronafiere si è anche preoccupata di garantire la presenza all’imminente Vinitaly di qualificati gruppi di buyer provenienti dall’estero, svolgendo un’attività di incoming sia via web sia attraverso i delegati di cui dispone in 60 paesi, e ha poi offerto a questi operatori la possibilità di mettersi direttamente in contatto con le aziende espositrici con un’azione di matching on-line. Il vino italiano ha superato il 2009, che è stato l’annus horribilis della crisi, con esiti meno negativi dei paesi concorrenti grazie soprattutto all’export: le sue vendite all’estero hanno infatti registrato una perdita del 5,5% in valore, mentre la Francia ha perso il 19% e la Spagna il 14%. Ma anche i produttori italiani hanno dovuto pagare uno scotto: hanno incassato il 5,5% in meno vendendo il 6,2% di ettolitri in più. Hanno tenuto botta, insomma, ma abbassando i prezzi: mediamente, il taglio è stato dell’11,l% rispetto al 2008. Il danno, per chi ha imboccato questa strada, rischia però di essere doppio: gli importatori hanno infatti approfittato della sconto acquistando più di quanto richiede il mercato per stipare i loro magazzini con le bottiglie ottenute sottocosto: quando comincerà la ripresa, perciò, saranno già riforniti e faranno passare parecchio tempo prima di ricominciare gli acquisti. Il momento comunque non è favorevole soltanto per loro: anche gli appassionati stanno approfittando dell’occasione, che non è mai stata così favorevole: neanche dopo l’attentato alle due torri i prezzi erano convenienti come oggi. Chi però il vino non lo compra esclusivamente per il consumo personale ma lo considera un investimento, deve muoversi con maggiore attenzione: la crisi ha costretto il mercato a modificare le proprie abitudini. Sono scomparsi dalla circolazione, per esempio, tutti i vini senza storia alle spalle che giustificavano il prezzo, piuttosto elevato, esclusivamente con la loro rarità. Le aste, dove il vento che tira si manifesta con maggiore evidenza, hanno fatto salire alla ribalta vini di prezzo più contenuto, anche se di buona qualità. Ma non è su quelli che si può puntare: il favore di cui godono è contingente. Sono i vini di maggior prestigio che continuano a tener banco, anche se le loro quotazioni hanno subito tra il 2008 e il 2009 un calo non inferiore al 10%. È una sorte che non ha risparmiato Barolo, Barbaresco, Brunello di Montalcino, Amarone. Con qualche eccezione, però: i Barbaresco di Angelo Gaja non solo non hanno perso quota ma hanno perfino guadagnato in media l’1,53%, così come gli Amarone di Giuseppe Quintarelli. E i SuperTuscan, dominatori fino al 2008 del mercato? Non tutte le loro blue chips hanno avuto un trattamento di favore: isterici saliscendi di prezzi hanno afflitto per esempio Solaia e Ornellaia. Però Sassicaia è riuscito a chiudere la media dei prezzi spuntati nel 2009 con un +1,71% rispetto all’anno precedente. E Tignanello, reduce da alcune annate di quotazioni al ribasso, è risalito inaspettatamente del 5% proprio nel 2009. Ma a brillare è stato soprattutto Masseto, che nel 2009 è cresciuto dell’8%, risultato che in un anno così nero non è stato ottenuto nemmeno dai più celebrati vini di Bordeaux.

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