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Apocalypse wine ... I violenti incendi che devastarono l’Anderson Valley in California nell’estate 2008 hanno dato ai vini della valle un forte sentore di fumo. Che non vuole andare via... In gergo enologico, il termine bacon affumicato descrive una pregiata nota del Pinot nero. Altrettanto non può dirsi di un aroma di “posacenere bagnato”. Il Pinot nero del 2008 prodotto nell’Anderson Valley, in California, è appena comparso sugli scaffali dei negozi. Ma i gravi incendi scoppiati proprio durante la stagione di crescita dell’uva hanno danneggiato la vendemmia di quell’anno. Secondo molti produttori di vino della zona, il fuoco ha dato al vino un forte sentore di fumo, cioè un retrogusto simile a quello del vino che sa di tappo, dove un sapore non voluto sovrasta tutto il resto. Il produttore Larry Londer ha aggiunto una polvere ricavata dalle vesciche natatorie dello storione, meglio nota come colla di pesce, ad alcuni litri del suo Pinot nero 2008 nel tentativo di migliorarlo. La colla di pesce è usata da tempo per eliminare gli elementi indesiderati del vino e Londer sperava di riuscire a cancellare quello che gli altri vinificatori definiscono un sapore di posacenere bagnato. Ma non c’è riuscito. “Abbiamo fatto cose che non avremmo mai fatto in un’annata normale”, racconta Londer, che coltiva uva Pinot nei 15 acri della sua cantina Londer Vineyards. Con il 2008, però, “le regole normali non sono servite”. I produttori di vino dell’Anderson Valley, una valle a quasi 200 chilometri a nord di San Francisco, hanno trascorso il 2009 ad aggiungere sostanze, come sottoprodotti del latte, vesciche natatorie di pesci e albume d’uovo, per cercare di mandar via il sentore di fumo dal Pinot. Nel corso dei secoli, i vinificatori hanno scoperto che questi trucchi “di raffinazione” possono cancellare i difetti dei vini, come i sedimenti, lo spunto acetico e la torbidità. Per trattare il vino del 2008, i produttori californiani hanno fatto ricorso anche a sistemi di filtrazione avanzati, per esempio l’osmosi inversa, in cui il vino attraversa un macchinario che separa temporaneamente il “rosso”, e lo “sparging”, un processo di iniezione di gas come l’anidride carbonica. Il sapore di fumo lascia interdetti anche gli scienziati. In Australia, gli incendi del sottobosco a volte colpiscono i vigneti e violenti incendi henno danneggiato alcuni vini della Columbia britannica, in Canada, nel 2003. Ma “non è ancora chiaro da quali reazioni chimiche è causato”, afferma Linda Bisson, docente di viticoltura ed enologia all’università della California a Davis. Ciò che si sa è che l’aroma affumicato è associato a una sostanza nota come guaiacolo. La maggior parte dei vini non contiene guaiacolo, anche se nei casi di invecchiamento in barrique potrebbero rilevarsi quantità dai 20 ai 50 microgrammi per litro. “Nel Pinot 2008 della valle di Anderson ho visto livelli fino a 220”, afferma Bryan Tudhope, responsabile generale di VA Filtration Usa, che si occupa di vini contaminati. Perciò “abbiamo provato di tutto”, spiega Zach Rasmuson, della cantina Goldeneye Vineyards, che lancerà il suo migliore Pinot nero 2008 con un’etichetta diversa perché non sono stati soddisfatti gli standard. “Sento ancora l’odore del fumo. È come una cicatrice”. I Pinot neri della valle di Anderson sono famosi per il gusto ricco. La zona ha un clima fresco e umido che favorisce la crescita di quest’uva molto sofisticata (nota per essere la stessa del Borgogna francese). L’annata 2007 dell’Anderson Valley era stata celebrata come una delle migliori degli ultimi vent’anni e molti dei 29 produttori che rientrano nella denominazione vendono le proprie bottiglie a prezzi superiori ai 50 dollari l’una. Per l’annata 2008 alcuni di essi sono pronti a tappare le bottiglie. Molti assicurano che metteranno in commercio soltanto una minima percentuale dei vini ricavati o che abbasseranno i prezzi per garantire il buon rapporto qualità-prezzo per i consumatori. Queste misure sono necessarie perché, quando si tratta dell’aroma di fumo, “dire che il tuo vino non ce l’ha non è il modo migliore di risolvere il problema”, afferma Mary Elke, presidente della Anderson Valley Winegrowers Association, aggiungendo che i produttori vinicoli hanno fatto ogni sforzo per mettere sul mercato vino di cui possano dirsi sicuri. “Sono molto orgogliosa del vino che sono riuscita a produrre”, afferma Mary Elke. I guai sono iniziati il 20 giugno 2008, con lo scoppio di un violento temporale, nel corso del quale un fulmine ha colpito degli alberi. Nel giro di qualche ora, il cielo si è riempito di fumo e nelle settimane successive l’aria della valle è rimasta satura di fuliggine. “A quel punto abbiamo capito che avremmo avuto qualche problema”, racconta il signor Londer, 67 anni. “Ma non sapevamo ancora che tipo di problema”. A giugno l’uva è ancora acerba, ad agosto matura e di solito a settembre viene raccolta. A detta di molti, al momento della vendemmia l’uva aveva un buon sapore. Vern Boltz, della cantina Toulouse Vineyards, racconta che quando lo aveva messo nelle botti, il vino “gli era sembrato molto buono”. L’aroma di fumo è venuto fuori con l’invecchiamento, “come un fantasma che viene e va”. Sulle 82 botti di quercia di Pinot nero accatastate nella sua cantina sono scritte con il gesso annotazioni come “no smk” (senza fumo) seguite da una data. Per eliminare l’aroma di affumicato, Boltz ha contattato una ditta che ha fatto passare il vino attraverso un macchinario per la microfiltrazione che “sembra uscito direttamente da “Ritorno al futuro””. Il congegno, delle dimensioni di 1,8 per 2 metri, aspira il vino tramite dei tubi, separa il sedimento dal liquido, che attraversa poi un’altra vasca e viene infine rimescolato. A marzo Boltz ha imbottigliato circa il 10% del suo Pinot. “Non resta odore di fumo nel naso”, afferma mentre annusa un bicchiere. Tra gli aromi che possono avvertirsi nomina anche cioccolato e pepe nero e aggiunge: “Sono molto contento di questo 2008”. Londer, invece, non è rimasto soddisfatto della tecnica che ha provato. Facendo passare il vino attraverso una pompa dotata di un cuscinetto di carbone a un’estremità è riuscito a eliminare il sapore affumicato, ma ciò che “abbiamo ottenuto è un vino unidimensionale, privo di carattere”. Ha venduto 21 mila dei suoi 30 mila litri di vino a circa 10 dollari ciascuno sul mercato all’ingrosso, che ha perso dai 30 a 40 dollari a gallone (equivalente a 3,7 litri), come vino da taglio da impiegare in altre varietà prodotte nel Paese. Il resto del vino verrà trattato con un impianto a osmosi inversa. Londer ha intenzione di produrre 1.000 casse della sua varietà Anderson Valley, che venderà a circa 35 dollari a bottiglia. Per prodotti di migliore qualità il prezzo unitario può andare anche dai 48 ai 54 dollari. “Ci sarà parecchio da contrattare”, prevede. Il produttore Toby Hill, della cantina Phillips Hill Vineyards, nel frattempo ha pensato di divertirsi, mescolando il Pinot 2008 di due cantine della valle di Anderson e battezzando il prodotto finale “Ring of Fire” (Anello di fuoco). Ultimamente, una coppia si è presentata nella sua cantina di degustazione a Philo e ha chiesto di assaggiarlo. Mentre la donna lo ha trovato imbevibile, l’uomo lo ha gradito commentando: “Sa come di affumicato”.

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