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Allegrini 2024

Nazione / Giorno / Carlino

“La genuinità è il segreto
della mia ‘stella’” ... Coccolato dalle guide, osannato dai
critici, ricercato dai vip: ma
insomma, Luciano Zazzeri, qual è il
segreto di tutto questo successo?

“Mettere a tavola dal contadino al marchese
Incisa della Rocchetta, e trattarli tutti allo
stesso modo. E poi lavorare una materia prima
eccezionale, con costanza. Io, ad esempio, il
pesce vado ancora a pescarmelo da solo. Esco
sempre in barca, poi mio zio e mio cugino
fanno pesche diverse, così riesco ad avere i
bianchetti d’inverno e le mazzancolle fino a
luglio: perché quelle vive del mattino, sono
diverse da quelle congelate, dall’Adriatico”.

Ma come la mettiamo con quel suo
localino che magari è carino,
però...

“... però è una baracca, viene da dire! In effetti
me lo chiedo anch’io, come ho fatto. Intanto, io
non sono uno chef, e non ho chef in cucina: gli
chef sono gente diversa. No. Io ho imparato
mangiando e bevendo qua e là, non ho fatto
corsi né stage in luoghi importanti; in cucina ho
due donne, un paio di giapponesi con due mesi
di corso....”

Lei ama scherzare ma in verità
quella che lei chiama ‘baracca’ è
frequentata da tanti vip. Ci svela
qualche segreto?

“Segreti? Io servo da tanti anni Incisa della
Rocchetta e Antinori, Gelasio d’Aragona e i
Ramazzotti, Gad Lerner, Dalila di Lazzaro, tanti
politici importanti, Oliviero Toscani.. gente che
da trent’anni viene qui a mangiare spaghetti alle
vongole e pesce bollito. Io cerco di far
cambiare idea, è piaciuto per esempio il panino
con la trippa di pescatrice: bisogna divertirci,
ma la gente alla fine cerca le solite cose...”.

Poi un bel giorno è arrivata la stella
Michelin. Che cosa scatta quando
arriva?

“La gente attribuisce il merito a me: ma è davvero tutto mio? Non lo so decifrare, io so
solo che sono un rompiscatole per le cotture,
da sempre, anche quando avevo diciotto anni,
con la zia in cucina. Ad ogni modo quando
arriva questo riconoscimento anzitutto ci sono
i grattacapi. La ‘stella’ porta gente importante,
critica, abituata al gran mondo, e questo ti
mette in crisi perché ti devi preparare, devi
reagire, non tutto fila liscio... Mi stringo nelle
spalle, e mi aspetto anche la botta: ma se mi
avete voluto, penso, prendetemi così, io sento
di meritarla per la cucina e per la materia
prima, senza fronzoli e belletti. Certo, la
musica in bagno conta, ma finisce che poi il
conto arriva a 300 euro... Qui c’è la musica del
mare, un sospiro di sollievo e buon cibo nel
piatto”.

Già, i prezzi. Le ‘stelle’ sono
sinonimo di conti salatissimi, anche
in questo lei è un po’
un’eccezione...

“È un mio difetto, sì: ho paura ad alzare i
prezzi, e con la stella un ritocco è arrivato. Ma
è ovvio: perché devi mettere in tavola scampi
da 70 euro al chilo, non da 18: ci sono, ma la
gente lo capisce, la gente lo sente, ormai è smaliziata. Io poi i clienti li abituo in un certo
modo, insegno anche le malizie, se il gambero
rosso non ha i ‘baffi’ non è buono... Invece, c’è
chi compra una gallinella in Nuova Zelanda a
18 euro e la rivende a cento: qui la gallinella
arriva da Porto Santo Stefano, e la differenza si
sente. Qui si paga la lealtà”.

Allora, Zazzeri: metta in fila le sue
priorità.

“La materia prima. Da selezionare, da cercare:
anche lo zucchino, da me non si mangia quello
nero dell’Australia che inquina tutto, anche il
fagiolo zolfino che compro dai contadini del
Valdarno. Poi: non stravolgere la cottura con
salse strane, ci vuole rispetto per quello che si
cucina. Ancora: coccolare i clienti, anche con i
consigli giusti. Inutile storcere il naso se in carta
c’è il tonno ma io non ce l’ho. Quello con i
coloranti non lo do a nessuno. E poi prezzi
giusti, anche se le Agenzie delle Entrate non te
li fanno fare...”.

Lei è stato premiato anche per
quello che offre da bere, bollicine
soprattutto...

“Sì, è una mia passione, oltre che un’esigenza
evidente, con il pesce. Ma ci metto molto del
mio, nella carta dei vini, li acquisto anche ad
hoc per i clienti. E tanti li toglierei dalla carta,
perché gli ‘sciropponi’ che vanno di moda a me
non piacciono. Anche se il mercato l’ha capito,
che non valgono, e per fortuna sta tornando
indietro”.

La sua è la terra del cacciucco. A
Livorno si lavora per valorizzarlo,
lei ne dà una versione personale...

“Gran piatto, ma presentato male. Quando si
pensa di cacciucco ci si immagina la materia
prima scadente, lunghe cotture, aglio e
rosmarino, pane inzuppato, cibo indigesto... Io
ho dimostrato che si può fare in otto minuti,
con olio a 65° C e una salsa di pomodoro a
parte. Si digerisce, e ... hai ancora voglia di
mangiare!”.

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