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Nazione / Giorno / Carlino

La rivoluzione nell’etichetta ... Doc e Docg diventeranno Dop, le Igt saranno Igp... Vini... Il mondo del vino l’anno prossimo sarà interessato da una vera e propria rivoluzione: da qualche mese è infatti operativa la riforma dell’Ocm, l’Organizzazione comune di mercato. L’Italia, come tutti i Paesi membri, dovrà allineare alle nuove regole la normativa sulle indicazioni geografiche che dal primo agosto 2009 finirà sotto la giurisdizione di Bruxelles. Non tutti però guardano con favore a questo cambiamento. La riforma prevede che le Denominazioni di origine controllata e garantita (Docg) e le Denominazioni di origine controllata (Doc) siano inglobate tra le Dop, le Denominazioni di origine protetta. Le Indicazioni geografiche tipiche (Igt) diventeranno Igp. I numeri: dalle attuali 472 denominazioni e indicazioni si passerà a 182 tra Dop e Igp. La nuova classificazione, ispirata a quella che oggi tutela le produzioni tipiche agroalimentari, imporrà ad un territorio una sola Dop o Igp. Per esempio a Montalcino la Dop Brunello cancellerà la Doc Rosso di Montalcino. Niente più sottozone o menzioni aggiuntive ma un’unica Dop. Il pericolo, dicono i produttori, è quello di banalizzare il vino, perdendo le specificità territoriali, l’identità culturale, il valore aggiunto del terroir. Altri sostengono invece che nell’era della globalizzazione si è aperta la competizione con le denominazioni varietali usate dai Paesi nuovi produttori, denominazioni che non hanno bisogno di essere spiegate a nessuno perchè i consumatori di tutto il mondo le conoscono: Cabernet, Merlot, Chardonnay. Non sono numerose: ipotizziamone una sessantina. Quali possibilità ha l’Italia di essere competitiva, senza soccombere, con le 472 denominazioni geografiche, alcune delle quali sconosciute anche agli italiani? I fautori della riforma sostengono quindi che bisognerebbe tagliare questa giungla, figlia non solo dei campanilismi ma anche dell’attivismo di parlamentari a caccia di voti. Poche Dop permetterebbero di farle conoscere meglio, soprattutto all’estero, mediante una promozione più mirata. Inoltre i controlli diventerebbero più agevoli e sarebbero preventivi più che repressivi. Da che parte sta la regione? L’elevato numero di denominazioni ha in realtà una giustificazione: quando sono nate non avevano una valenza qualitativa, costituivano un censimento dei vini esistenti. Vero è che poi in qualche si è esagerato nell’attribuire Doc e Docg. Noi sommelier siamo sicuri che comunque, chiamate Dop, Igp o quant’altro le eccellenze del nostro Paese continueranno ad essere tali e saranno apprezzate in tutto il mondo. Un esempio vale più di mille parole: sono i Igt quasi tutti i SuperTuscans che hanno conquistato il favore dei mercati stranieri. La qualità non è una questione di sigle o di etichette. A fare la differenza e a decretare il gradimento degli enoappassionati sarà sempre il contenuto, sua maestà il vino. E l’Italia in questo senso rispetta tutti, ma non deve temere nessuno.

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