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Nazione / Giorno / Carlino

Il buon vino del contadino Sting ... Il cantante racconta la sua esperienza di bio-coltivatore... E’ sceso a valle per incontrare i compaesani. E raccontarsi in mezzo a loro, nell’antico teatro Garibaldi di Figline. Sting, completo grigio e barba incolta, un pollice rotto per una caduta in bicicletta che gli impedirà per un po’ di suonare, produttore quest’anno di trentamila bottiglie di Sangiovese, ha cominciato con una battuta: “Mi piace più il cinghiale del pollo”. Ecco la rockstar in salsa contadina. Ha voluto mostrarsi toscano tra i toscani, in nome della qualità della vita, del pane fatto in casa, del lavoro nei campi. “Faccio l’agricoltore per nutrire la terra, non per depredarla”. Insieme al presidente della Regione, Claudio Martini, al presidente della Provincia Matteo Renzi, candidato a sindaco di Firenze, che lo ha aiutato a spremere le olive (con un sistema nuovo che produce energia mentre spreme) e al sindaco del paese, Riccardo Nocentini, si è esibito in nome della Toscana. Per aiutarla a uscire dalla crisi, grazie alla sue risorse antiche. Platea piena, Serata ripresa in diretta da Rtv 38, principale rete toscana. Prenotazioni delle riprese da parte di network internazionali. Inglesi in prima fila. Una serata pensata da circa sei mesi, da metà settembre, da quando Sting chiuse la tournée mondiale con l’ultima tappa, Montreal, insieme ai suoi Police. Serio Martini, che parla di tutela delle razze locali e della rivalutazione del patrimonio agroalimentare toscano. Serio Matteo Renzi: “La campagna della provincia di Firenze non teme confronti nemmeno con quella inglese”. Raggiante il sindaco di Figline: “Avevamo già tanto e ora con Sting abbiamo tutto”. Sereno Sting: “Sono qui per voi ma anche per me stesso”. Del resto, si sente toscano. Anzi, un nuovo agricoltore che produce vino, olio, marmellate. E che dalla campagna lambita dall’acqua dell’Arno ricava persino musica: il canto degli uccelli e il suono delle campane, miscelati al liuto delle canzoni rinascimentali di un suo idolo, John Dowland, al quale dedicò “Songs from the Labyrinth”, l’album del 2006. La sua villa, il Palagio, fra Figline e Ponte agli Stolli, che oramai compare negli itinerari turistici locali (“ora andiamo a vedere da fuori la casa di Sting”, dicono le guide) è il suo vero buen retiro, dove vive buona parte dell’anno con la moglie Trudie Styler, sei figli, un cane, un cavallo. E dove compone, litiga e trova magici arrangiamenti. La sala di registrazione, da far invidia al più sofisticato studio londinese, è ricavata nel fienile. E proprio lì, fra una discussione accesa e un bicchiere di rosso, Stewart Copeland e Andy Summers, appunto i celebrati Police, ritrovarono l’unità di un tempo col loro capo. Cioè Gordon Matthew Sumner. In arte Sting. Quello che nasce nel fienile si trasforma in tournée, successi discografici, pezzi musicali e centinaia di migliaia di biglietti venduti per concerti. Sting atterra a Peretola con l’aereo personale, imbocca l’autostrada per Roma. Esce al casello d’Incisa e s’immerge nel verde di casa sua. La gente,che lo guardava con curiosità e timidezza ora lo considera uno del posto. Un signore rinascimentale? No, un ragazzo cresciuto, ammantato di leggenda e inseguito dai fotografi, ma giovanile e versatile. Riservatissimo, certo, però anche alla mano. Quando vuole. Sapete, ora si batte per la terra di Toscana. Ha voltato le spalle alla sua Newcastle e alla campagna inglese.

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