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Nazione / Giorno / Carlino

“L’Italia faccia l’Italia. E così supererà la crisi” ... Analisi Edison-Symbola ribalta la visione del declino... Perché Ikea è nata in Svezia e non in Italia? È come chiedersi a cosa serva l’anima: può essere una domanda oziosa, oppure la finestra aperta sui misteri della filosofia. Ieri a Milano, all’Assolombarda, si è percorsa la seconda strada. E partendo dal caso Ikea, esploso lontano dalla Brianza e dall’Italia, dove domina la filiera mondiale del mobile e dell’arredo eppure si è perduta l’occasione di creare il marchio globale, è sembrato naturale concludere che la storia del made in Italy, dell’economia mondiale nel terzo millennio e della recessione, andrebbe, forse, riscritta. Non siamo l’Italietta che immaginiamo e non siamo in declino di competitività. Tutt’altro: siamo una corazzata dell’industria manifatturiera, la cui solidità, può garantirci un futuro di successo quando il mondo uscirà dalla crisi e noi potremo cavalcarne l’onda. Ci mancano solo... le Ikee, cioè i simboli che danno la visibilità. Sicchè continuiamo a piangerci addosso, a volte autoconvincendoci delle nostre miserie. Per esempio, abbiamo detto fino alla nausea che il made in Italy stava perdendo quota, ma non era vero. La percentuale del commercio mondiale scendeva, ma solo per l’arrivo di nuovi attori, mentre fra i Grandi eravamo gli unici a crescere fecondi al mondo dopo la Germania in competitività dell’industria (fonte Wto), quarti nel surplus commerciale del manifatturiero, secondi dopo la Spagna per i pernottamenti turistici negli albergi, secondi nella meccanica, primi per risparmio delle famiglie, primi nell’agroalimentare per i prodotti Dop e per aumento dell’export (+10% nel 2008), ultimi fra i Grandi per i contraccolpi della crisi sull’export e gli unici a non avere il sistema bancario “al tappeto”. Il Pil è cresciuto poco? “Tutti i dati andranno rivisti, depurandoli della droga della finanza d’assalto. Allora vedremo che certe performances di Usa o Spagna erano solo fumo”, dice Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison. È lui, con Fabio Renzi di Symbola, l’autore dell’analisi che ribalta ogni credenza sul made in Italy. Industria, turismo, agroalimentare, localismo e sussidiarietà, innovazione, tecnologia, arte e cultura ne sono i cardini, gli elementi di forza su cui puntare per uscire dalla crisi. Tutto documentato nella ricerca “Italia, geografie del nuovo made in Italy”, curata da Symbola e Fondazione Edison. A presentare la ricerca, con Fortis, Umberto Quadrino, presidente Fondazione Edison, Alberto Meomartini, presidente Assolombarda, Ermete Realacci, presidente di Symbola. L’Italia supererà la crisi facendo l’Italia” chiosa Realacci. Cioè con la qualità, la creatività e l’innovazione. Come è successo nel vino, dove oggi produciamo il 40% in meno rispetto alla metà anni 80, ma il valore è quadruplicato ponendoci al vertice nel mondo. Ma sappiamo anche fare innovazione (la ricerca elenca decine di piccoli fenomeni hi-tech), e sappiamo presidiare le filiere con “campioni” industriali che sono piccole ma agguerrite multinazionali”. E allora: perchè l’Ikea non è italiana? La risposta, in parte, è venuta nel pomeriggio, quando in Assolombarda sono arrivati Corrado Passera, ad di Banca Intesa, e Giuseppe Morandini, presidente dei piccoli di Confindustria. Si parla di credito alle imprese. Morandini chiede che “i soldi dei Tremonti bond si diano piuttosto al fondo di garanzia, che li usino le imprese”. Passera, che non li ha utilizzati, ovviamente condivide. Ma poi cita l’esempio delle banche, diventate solidi colossi con “buone regole e aggregazioni”. “Dobbiamo rafforzare il patrimonio, ma soprattutto aggregarci, aggregarci”, tuona Morandini. E forse il mondo, oltre a noi italiani, si accorgerà di quanto siamo belli.

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