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Allegrini 2024

Nazione / Giorno / Carlino

Vino, quel gusto che sa d’antico ... Un convegno e una mostra per celebrare la bevanda regina di Toscana... Beviamo, “perché aspettare le lucerne? Breve il tempo”. Parola di Alceo, poeta scontroso e ispido, e sicuramente beone, e però d’altissimo lirismo, sesto secolo prima di Cristo. Ma doveva pensarla così anche Noè, che pure campò invece qualche centinaio d’anni, e comunque fece in tempo a prendersi una sbronza colossale, come ci racconta mirabilmente Michelangelo, o la bellissima formella adagiata sul campanile di Giotto, a Firenze. “Viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante”, fa cantare Pietro Mascagni al coro di “Cavalleria Rusticana”, l’ebbrezza prima della tragedia. Vino, croce e delizia. Fa male alla salute? No, se ci si avvicina con intelligenza. Fa economia, fa ambiente, fa paesaggio, insomma fa identità. Fa cultura, di certo. Fa arte, da sempre: era l’epoca della battaglia di Maratona e dell’epico scontro delle Termopili, insomma due millenni e mezzo fa, quando il Pittore di Brygos raccontava con i suoi inconfondibili toni rossi, su quegli oggetti che si chiamavano “kylix”, ed erano appunto coppe da vino, la bellezza del “symposion”. La bevuta insieme, in allegria. E proprio a un Symposion - così si intitola l’iniziativa organizzata dall’Università con il centro Unicesv, dall’Osservatorio Cultura e Territorio e dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana - il Museo Archeologico di Firenze si offre come location e cornice per una doppia occasione: un convegno, una mostra. La giornata-clou è domani: alle 10 il convegno, con un tema assai ampio che attraversa il tempo, “La cultura del vino nei valori della conoscenza storica e nelle strategie di mercato”. Tanto ampio da abbracciare anche più discipline: si parla della vite e del vino nel tempo antico sul piano culturale ma anche scientifico, si riflette sul consumatore di vino e sull’evoluzione del gusto, lo fanno illustri archeologi e studiosi come Carlotta Cianferoni e Paolo Scarpi, ma anche Massimo Castellani che è il vicepresidente dell’Ais, l’Associazione italiana Sommelier, per la Toscana. E poi la mostra, che si annuncia ricca di emozioni e suggestioni. Il vino è il “fil-rouge” che accompana il visitatore attraverso quattordici sale, in un percorso lungo il quale si potranno incontrare anche tanti oggetti già visti, già noti, come per esempio lo stupefacente Cratere François, il bronzetto del “Memento mori”, il matenale raccolto negli scavi di Pescia Romana. Ma tutto il materiale, tutti gli oggetti, tutto il cammino propone un’ottica nuova, diversa, nel contesto del tema scelto: il vino, il vetro da vino, gli oggetti del convivio, del simposio. Testimonianze attraverso venticinque secoli di viticoltura e vinificazione, commercio e distribuzione, fino al consumo, appunto, nel Mediterraneo antico, con il mirino puntato soprattutto sulla civiltà greca e su quella etrusca. C’è vasellame da mensa di produzione attica, ci sono raffinate ceramiche con scene ispirate ai miti dionisiaci, ci sono lastre di terracotta con scene di vendemmia, bronzetti in tema, anfore vinarie da trasporto ritrovate nelle celebri Triremi di Pisa. Ma ci sono anche documenti, immagini, e poi un’ampia sezione di foto che documenta la storia, la cultura e lo sviluppo recente della vite e del vino, in Toscana, terra del bere per eccellenza.

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