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I toscani al Vinitaly pensando alla Cina ... La fiera di Verona apre nel segno della ripresa... Più estero che Italia, più Europa che America. Dove Europa significa soprattutto il Nord: un po’ di inglesi, poi danesi, norvegesi, svedesi. Bella qualità, numeri non esaltanti. E anche tedeschi, però. Tradotto in soldoni, per il Vigneto Toscana l’edizione numero 44 di Vinitaly, la fiera inaugurata ieri a Verona, apre un anno di mercato ancora in salita, ma con qualche segno di ripresa. E con un occhio di riguardo per la Cina: il +31,7% registrato dall’export nel 2008 è in via di conferma, i cinesi amano particolarmente il rosso toscano. A complicare un po’ le cose, però, ci si mette una bomba esplosa dietro le parole del ministro Luca Zaia riferite al sequestro di 10 milioni di ettolitri di “Chianti docg fasullo” pronti a essere venduti negli Usa. Una bomba con la miccia bagnata, però, se è vero come si affrettano a precisare Marco Pallanti e Giuseppe Liberatore, presidente e direttore del Consorzio Chianti Classico Gallo Nero che “il sequestro per ordine della procura di Siena è stato eseguito a fine 2009, è già stato reso noto, fa parte di una nota inchiesta”. Liberatore aggiunge anzi che “il ministro è stato molto preciso nell’indicare i termini del sequestro, non vorremmo si pensasse a un episodio nuovo, recente”. Ma intanto la voce circola, amplificata anche dai commenti di qualche vertice di associazione di categoria, che ha “abboccato”. Peccato, perché la Toscana è a Verona con i numeri di una corazzata del vino. Il padiglione 8, come di consueto tutto occupato dai toscani (ma molte grandi aziende hanno lo stand nel tendone delle “griffe”) e coordinato da Toscana Promozione, conta 800 espositori tra aziende, consorzi, produttori, agenti. Rappresentano un universo di 60.956 ettari (il 71,6% per vini a denominazione) lavorati da 27.766 aziende (6.236 vocate solo alle denominazioni) che per il 60,1% hanno sede nelle province di Siena e Firenze e producono quasi 3 milioni di ettolitri di vino (da dieci vitigni: la parte del leone, il 65%, la fa il Sangiovese) che rappresentano il 18% dell’intera produzione lorda vendibile regionale, con un fatturato all’export di 539 milioni di euro. Una corazzata con i suoi cannoni, le grandi bocche da fuoco. Anche Verona rende onore al merito: la Banfi di Montalcino è nella top five del Premio Vinitaly Nazione; il Solaia di Antinori è protagonista oggi di una verticale con annate da urlo, compreso il mitico 1978; gli studi internazionali presentati in fiera parlano di belle performance per aziende come Frescobaldi, ancora Antinori, Ruffino e Tenuta San Guido. Ma la Toscana non è solo i big, i soliti noti. È, per esempio, la scoperta di nuove terre: la zona di Murlo, valorizzata da Ruffino, o l’area pisana. È la crescita delle nuove leve: Luca D’Attoma, enologo affermato ma ancora abbastanza giovane, lancia la scommessa della sua nuova azienda; e l’idea evidentemente piace, se è vero che proprio la Toscana è una delle regioni a maggior crescita di ragazzi iscritti ai corsi di enologia e viticoltura e agli istituti agrari. È la nuova frontiera del biologico, la Toscana, e delle nuove energie anche nel vino: tutta fotovoltaica la cantina dei Balzini, a Barberino Val d’Elsa, mentre in Val di Cecina l’azienda Ginori Lisci punta a produrre 5,6 milioni di kilowatt all’anno da biomasse: la luce per 2mila ettari e per 1.200 famiglie. E c’è chi, come Cesani di San Gimignano, il vino lo mette... in barattolo, perché ne fa gelatine. E infine chi lancia Profumo di Viola. Con il calcio nel cuore.

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