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Il sommelier? Un vero psicologo ... Lo psicoterapeuta: “Ogni vino ha un proprio temperamento”... Che cosa si nasconde dietro la precisa scelta di una etichetta? Il vino si abbina solo alle pietanze o anche alla personalità di chi lo sceglie? Che il vino, oltre alle piacevoli emozioni provate degustandolo, offra altre chiavi di lettura lo aveva già capito lo scrittore Edmondo De Amicis, famoso per il libro “Cuore” ma autore anche de “Gli effetti psicologici del vino”. In occasione di una conferenza svoltasi a Torino nel 1880, De Amicis esplorò il vino da una diversa angolazione, sottolineando come il nettare di Bacco si ripercuotesse sul nostro io più intimo e sul nostro atteggiamento verso il mondo che ci circonda. Si è tornati a unire enologia e psicologia, due discipline apparentemente estranee, ben centotrenta anni dopo, in occasione dell’evento “Il Veneto al 300 x 100” - trecento vini di cento produttori per rappresentare l’enologia veneta - ospitato al castello di San Salvatore a Susegana, in provincia di Treviso, e organizzato dal presidente di Ais Veneto, Dino Marchi. Che il vino sia collegato alla psicologia ne è da sempre convinto il presidente dell’Associazione italiana sommeliers, Terenzio Medri. “Il sommelier deve essere prima di tutto uno psicologo per indirizzare al meglio le scelte del cliente” spiega Medri. “Bisogna infatti capire in poco tempo chi si ha di fronte, accompagnare il cliente, consigliarlo con tatto e professionalità proponendo il vino più adatto”. Ne è altrettanto certo Fabio Sinibaldi, apprezzato psicoterapeuta milanese che, con il collega Giuseppe Ferrari, ha scritto il libro “Vino e Psicanalisi - Appunti e riflessioni di due psicoterapeuti”. “Il sommelier consiglia, descrive il vino al consumatore-cliente, nel far ciò sollecita i sensi e le emozioni prima ancora del gusto, quindi usa la psicologia”. Questo perché ciascun vino ha un suo preciso temperamento, proprio come le persone che lo scelgono. Una preferenza, secondo Sinibaldi, determinata da tre fattori: l’inconscio, che associa il vino alla naturalezza e alla socialità, l’ambiente esterno e le interazioni tra noi e il vino, sia a livello fisico che mentale. “Le sostanze contenute nel vino determinano nel nostro organismo delle reazioni. Ad esempio - sostiene Sinibaldi - le bollicine con l’anidride carbonica attivano la corteccia cerebrale frontale, eccitando il cervello. Vi è poi un effetto “memoria”, per cui il solo pensiero di un vino che piace porta a provare emozioni”. Ma esiste una relazione tra il mondo del vino, il suo percorso di maturazione e quello della persona? “Il vino ha un suo inconscio” spiega Sinibaldi “il sentore del terreno, gli aromi, i sapori che nel corso degli anni lo arricchiscono. Esattamente come per l’uomo, che è il risultato dell’ambiente in cui nasce e delle sue trasformazioni nel tempo. L’inconscio di una persona è spesso sfuggente come il vino, che per la sua complessità, sfugge ai sensi più fini ed esperti che tentano di classificarne le caratteristiche. Dunque è un legame più profondo di quanto si possa immaginare”.

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