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Nazione / Giorno / Carlino

Ogm “Non sfameranno il mondo” … I dubbi al convegno del Centro studi Barilla. Il coordinatore Ricordi: “Ricerca indirizzata dall’industria”… Se proprio non li benedice, la Chiesa apre però il primo spiraglio agli organismi geneticamente modificati, meglio conosciuti sotto la sigla Ogm. L’ha fatto l’altroieri la Pontificia Accademia delle Scienze concludendo che “non vi è nulla di intrinseco nell’impiego dell’ingegneria genetica per il miglioramento delle colture, che renderebbe pericolose le piante stesse o i prodotti alimentari da esse derivati”. Anche il guru degli oncologi Umberto Veronesi dice “perché no, se servono a sfamare il mondo?” Ma lo sfameranno davvero? Il mondo scientifico, quello istituzionale e l’opinione pubblica mondiale non sono affatto convinti che i prodotti transgenici siano del tutto sicuri, e nemmeno che siano la soluzione per debellare il disagio alimentare del pianeta, che si intreccia, in un groviglio spaccacervello, con gli altri flagelli di questo inizio secolo, vale a dire la crisi energetica e il surriscaldamento globale. Soprattutto perché, come si è visto in due giorni di puntigliosa rassegna dello scibile umano in materia promossi a Milano dal “Barilla center for food and nutrition” gli Ogm sono oggi “strumento delle multinazionali per fare affari, e non una leva a disposizione dell’umanità per lo sviluppo sostenibile”. Insomma, anche se i fan indorano la pillola chiamandoli “organismi geneticamente migliorati”, resta da vedere in favore di chi avvenga questo “miglioramento”. E’ il pensiero di Camillo Ricordi, immunologo di fama mondiale e coordinatore del summit milanese, quando gli chiediamo di andare al sugo del forum. “Oggi la ricerca sugli Ogm è monopolio dei privati ed è finalizzata a creare organismi resistenti ai pesticidi e ai diserbanti, coltivati su larga scala in colture intensive e industrializzate. Risultato: più pesticidi, più diserbanti e più colture per paesi ricchi destinate ai ricchi”. Eppure basterebbe cambiare i parametri della ricerca e potremmo avere anche “Ogm buoni”. Migliori per la salute, più adatti a risolvere i problemi degli agricoltori là dove morde la fame. Piante resistenti alla siccità, per esempio, da consegnare ai contadini africani; o irrigabili con acqua salata, come le mongrovie; oppure piante nutrizionalmente più virtuose per ovviare alla “fame invisibile” che non è fame di calorie ma di antiossidanti e di vitamine (già avviene nelle Filippine, spiega Ricordi, dove si studia un riso arricchito di vitamina A per debellare la causa di 800mila casi di cecità infantile). “Siano i governi, le istituzioni internazionali ad impugnare la bandiera della ricerca sugli Ogm - suggerisce così Ricordi - e l’indirizzino verso l’uomo, l’ambiente, lo sviluppo sostenibile”. E la salute? Il forum milanese sospende il giudizio. Agli interrogativi più importanti - cioè le possibili allergie, la resistenza agli antibiotici, la contaminazione ambientale - la scienza risponde che “non ci sono evidenze di rischio a medio-breve termine”. Nathalie Moll, segretario dell’associazione europea delle biotecnologie, alza le spalle: “Non esiste il rischio zero. Cosa rischiamo, con l’agricoltura tradizionale, bombardando i campi di fertilizzanti chimici, radiazioni e inquinamento? Nessuno l’ha mai studiato, mentre sugli Ogm abbiamo tonnellate di analisi”. Che però non bastano, per il professor Marcello Buiatti dell’Università di Firenze, ad escludere “riorganizzazioni del Dna, reazioni incontrollate agli stress, interazioni con organismi non modificati”. “La scienza non sia arrogante: è troppo complicato il mondo per essere affrontato con una formula sola - tuona il vate di Slow food Carlo Petrini -. L’abbiamo visto con la mucca pazza che è nata nei laboratori, non nei campi”. Così suggerisce di affrontare questa “crisi entropica di proporzioni epocali” col dialogo fra scienza e saperi tradizionali, con la globalizzazione purché “con i piedi piantati nel locale” cioè nella sovranità alimentare, con meno pubblicità ma più informazione dall’industria. “Tutto deve ricominciare - conclude - ma tutto è già ricominciato negli angoli più remoti del mondo, lontano dalle luci della ribalta”. Gli interrogativi Giudizio sospeso sui rischi per la salute. Carlo Petrini: “La scienza non sia arrogante”

I numeri

134 milioni di ettari: Le aree coltivate con piante Ogm nel mondo: dal 1996 al 2009 la crescita complessiva è stata del 39,9%

-12% In europa: Aree coltivate in flessione nel continente rispetto al 2008: in tutto 94.750 ettari (1’80% in Spagna)

52% Colture di soia: E’ la varietà più diffusa, seguono il mais col 31% delle coltivazioni transgeniche totali e il cotone col 12%

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