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Montalcino, in campo il re del caffè per difendere la purezza del Rosso ... llly contro la possibilità di mescolare altre uve con il Sangiovese... Giù le mani dal Rosso di Montalcino: alla vigilia di Benvenuto Brunello - la vetrina mondiale che vedrà il debutto del 2006, per tutti “annata strepitosa”
- il colle del vino più famoso del mondo rischia di essere scosso da un altro terremoto, dopo quello dell’inchiesta 2008. Il tema è lo stesso: allargare la base delle uve consentite, questa volta però per il Rosso, la “seconda linea” dei vini di Montalcino, che come il Brunello è prodotto solo con Sangiovese grosso. In pratica, rinunciare alla purezza, distintivo e fiore all’occhiello in tutto il mondo. Potrebbe accadere nel pomeriggio di oggi: l’assemblea del Consorzio è chiamata a votare un nuovo disciplinare. Che consente di utilizzare fino a un 15% di altri vitigni. E non solo: si parla anche di introdurre, per il Rosso, il tapa vite al posto del sughero. Al grido di “il Rosso e il Brunello devono essere fatti solo di Sangiovese”, a lanciare l’ultimatum è Riccardo Illy, 55 anni, imprenditore e politico, ex sindaco di Trieste, ex governatore del Friuli Venezia Giulia, ex deputato, presidente del gruppo che si occupa di caffè, ma anche di cioccolato, di tè e appunto di vino: a Montalcino, nel 2008, la Illy ha assunto la proprietà dell’azienda Mastrojanni (ma la presenza riporta già a dieci anni prima, quando Francesco, fratello di Riccardo, aveva acquistato Le Ripi).
Giù le mani, dice in sintesi Illy. E il suo allarme è rilanciato come in un tam tam dai blog degli enoappassionati e addetti ai lavori. Tutti schierati per il Sangiovese in purezza. Ma Montalcino è diviso, anche se il fronte del sì sembra sfilacciarsi. Ci si conta, e già stamattina il direttivo del Consorzio presieduto da Ezio Rivella potrebbe decidere di rinviare la questione se la situazione dovesse apparire ingestibile, alla vigilia di Benvenuto Brunello: una spaccatura sarebbe un autogol terribile, errore di comunicazione e danno di immagine. Anche perché, se la maggioranza dei 250 soci dovesse bocciare le modifiche, forse i vertici del Consorzio avrebbero i minuti contati.
La strada che porta alla modifica sembra partire da difficoltà commerciali. Problemi di vendite, poca forza sul mercato nel Rosso, soprattutto per le aziende che fanno più quantità. Ma Riccardo Illy non è convinto. E non le manda a dire dietro. “Ho un forte sospetto: quelli che hanno provato
- commenta - a tagliare il Brunello e sono stati beccati, se ne sono stati buoni per un po’, e ora ci riprovano con il Rosso. Poi, se questa gli va bene, tra qualche anno tornano alla carica con il Brunello. Io la leggo così, anche per il fatto che il nuovo disciplinare ci è arrivato appena dieci giorni fa. E non c’è tempo: ci voleva un dibattito ampio, coinvolgendo anche giornalisti, la gente, il Comune”. Illy, comunque, andrà avanti con il suo stile, “quello - dice - che predicava oltre vent’anni fa Luigi Veronelli, il ritorno agli autoctoni. Noi sappiamo che molti soci la pensano come noi, se la maggioranza deciderà per la modifica ne prenderemo atto ma andremo avanti con il Sangiovese in purezza”. Uno dei motivi, ricorda Illy, che portò all’acquisto dell’azienda dagli eredi dell’avvocato romano Gabriele Mastrojanni, “il rispetto del territorio e delle regole”. Anche se la storia di Riccardo Illy con il vino parte da più lontano, da nonno Francesco che lo portava nel Collio quando andava a Gorizia a prendere il brevetto di pilota. Poi le amicizie con i produttori, Marco Felluga, i fratelli Zamò, i Ferrari in Trentino e Zanella in Lombardia, i corsi da sommelier della moglie Rossana, gli incontri con la famiglia Cinelli Colombini e con Piero Antinori, le prime degustazioni, la scintilla d’amore per Montalcino... Oggi Mastrojanni produce 80mila bottiglie. Ed è in prima fila nella battaglia del Sangiovese.

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