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Cordata italiana per Parmalat due mesi di ossigeno in più In campo anche 1’Antitrust ... Manovre la borsa torna a sperare, il titolo sale... Il Governo alza lo scudo anti-scalate straniere e l’ampliamento dei termini per la convocazione delle assemblee (da 120 a 180 giorni) permette di far scaldare i motori alla cordata italiana che dovrebbe evitare che Parmalat finisca nelle mani del colosso Lactalis. In base alle norme varate ieri dal governo l’assemblea dell’azienda di Collecchio, convocata per il 14 aprile con all’ordine del giorno il rinnovo del cda, potrebbe slittare a giugno, lasciando margini per mettere insieme la controffensiva tricolore all’attacco francese. Se ieri dal fronte Parmalat non sono giunte notizie su un rinvio dell’assemblea, non c’è dubbio che le grandi manovre per contrastare Lactalis siano cominciate anche se l’esito finale resta incerto. A oggi, infatti, i nuovi “padroni” del gigante italiano del latte e dello yogurt sono i francesi che comprando la quota (15,3%) messa in vendita dai fondi esteri sono arrivati al 29% del capitale, quota sufficiente per nominare 9 degli 11 membri del board, con la lista dei candidati al cda già presentata e che non contempla per ora l’attuale ad Enrico Bondi che non sarebbe inviso ai francesi, magari con il ruolo di presidente affiancato da un ad operativo, anche se l’interessato non sarebbe del tutto convinto di restare in una Parmalat francese. Mondo agricolo, governo e sindacati sperano che si concretizzi la cordata italiana mentre ad accendere un faro su Lactalis (e sul tema concentrazione) è stato ieri il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà che chiederà informazioni sia ai francesi sia a Parmalat. Registi della cordata italiana potrebbero essere Mediobanca e Intesa, che di Parmalat possiede il 2,3% e che potrebbe vedere al fianco, come partner industriale, il mondo delle cooperative e quella Granarolo di cui possiede quasi il 20%. Resta forte l’opzione Ferrero come perno dell’operazione mentre non sono arrivate conferme a un interesse di Barilla. L’Unicredit, invece, si è chiamato fuori (Non siamo coinvolti in nessun piano strategico per Parmalat”, ha detto l’ad Ghizzoni) ma sul fronte bancario della partita potrebbe far parte la Bnl anche se fa capo alla francese Bnp Paribas. In qualsiasi caso schierare la cordata italiana non sarà facile ma i tempi più lunghi concessi dal Governo potrebbero agevolarne la discesa in campo. E così la Borsa, dopo il tonfo di martedì, ieri è tornata a scommettere su Parmalat in rialzo dell’1,05% a 2,316 euro.

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