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Berlusconi dà il via al rimpasto Romano Conquista l’Agricoltura … Staffetta Bondi-Galan alla Cultura… Anche volendo Silvio Berlusconi non sarebbe potuto tornare indie. Troppe le cambiali distribuite in giro per andare avanti dopo l’addio di Fini, e i creditori gli avevano lanciato più d’un segnale inquietante. Sì, perché dopo essersela cavata per un pelo nella votazione sull’Election day la scorsa settimana, rischiava di andare sotto alla Camera su “robine” come la giustizia o la Libia. Anche in seguito all’ennesimo faccia a faccia con Romano, inizia a saldare le promesse con i Responsabili nominandolo ministro dell’Agricoltura, malgrado le riserve di Napolitano. Con una “certa amarezza” incassa la nota - anticipata a Gianni Letta - che le rende pubbliche. “Una roba mai vista”, dicono nel giro stretto. Dove raccontano che il premier stesso avrebbe suggerito a Romano di replicare, per poi lamentarsi con gli intimi dell’”eccessiva sensibilità” verso i giudici del capo dello Stato (vien facile immaginare che le informazioni in possesso del Quirinale sul neoministro arrivino dalla procura di Palermo) ma pure dei suoi “scarsi poteri” che faciliterebbero “certe ingerenze”. Parlando al Colle il Cavaliere non usa eufemismi: “Sono consapevole dei suoi dubbi, ma non posso agire diversamente. Mi serve per la maggioranza”. Tutto si tiene: quando lui varca il portone del Quirinale, si materializzano nella giunta per le Autorizzazioni a procedere Cesario e Belcastro, i due Responsabili fino ad allora irreperibili: la richiesta di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale per Ruby Rubacuori passa 11 sì contro 10 no. Scatenando le urla dell’Idv al “voto di scambio” e la denuncia del Pd di “strane coincidenze”. Lui procede: “Romano porterà al governo la conoscenza del Sud”. Con buona pace della Lega che mugugna. Ma cosa accadrà se, fra un mese, le preoccupazioni del Colle diventassero realtà e il ministro fosse rinviato a giudizio? Dalle sue parti scommettono che non gli chiederebbe mai di lasciare come fece con Brancher o con Scajola: se lo caccia, va a casa anche lui. Nel frattempo Berlusconi ricompensa Galan, cui ha tolto la poltrona per darla all’ex Udc con quella di Bondi, di- missionario dei Beni culturali. Al quale offre il giusto tributo: prima legge la “nobilissima” lettera scritta dall’ex ministro in consiglio. Quindi la porta al capo dello Stato con il quale non nasconde qualche rimpianto: “Dobbiamo fare a meno di Sandro proprio quando siamo riusciti a sbloccare i fondi per la Cultura”. E sì: a titolo di riconoscimento postumo (ma anche per tranquillizzare il suo successore) vengono recuperati quei soldi che hanno provocato l’addio al governo del coordinatore Pdl. Il mini rimpasto acuisce gli appetiti. Berlusconi deve ancora assegnare tre vice-ministeri e 6 sottosegretari e vorrebbe farlo la prossima settimana. A disposizione c’è pure il dicastero delle Politiche Comunitarie, ma se lo vuole tenere a disposizione casomai qualche finiano cambiasse idea. Ma non sarà facile accontentare tutti: si annunciano coltellate. I Responsabili sono 28, se la devono vedere fra di loro e con i ‘lealisti’ berlusconiani: “Siamo credibili se abbiamo un ruolo”, dice il capo gruppo Ir, Sardelli. Ecco perché il Cavaliere li riceve in serata a Palazzo Grazioli in compagnia di Verdini e di Cicchitto: la sala da pranzo è così piena che ad alcuni esponenti del Pdl è stato chiesto di non partecipare. Promette che ai delusi basterà attendere un mese: tanto impiegherà il Parlamento ad approvare una leggina che aumenterà il numero dei posti da un minimo di 10 a un massimo di venti.

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