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Allegrini 2024

Nazione / Giorno / Carlino

Frutta da record ... Pere, mele, pesche, kiwi, uva da tavola battono Brunello, Barolo, Chianti, Lambrusco. Dopo tanti anni di primato del vino italiano come prima voce del nostro export agroalimentare, nel 2010 l’ortofrutta, eterna seconda voce del nostro export verde, ha fatto un balzo ed è diventata prima con 4,1 miliardi di valore, lasciando il vino a 3,9. Dopo un 2009 da incubo, la frutta italiana è ripartita alla grande: +19% in volume e +25% in valore. Agrumi su tutto aa Sicilia si sta svegliando) con un +57%, ma bene anche ortaggi (+26%),frutta fresca e secca (entrambe crescono del 14%). L’ortofrutta mette a segno anche la seconda migliore performance del decennio come saldo attivo fra import-export con 1,2 miliardi (+112%sul 2009). Giustamente la Coldiretti sottolinea il generale balzo in avanti di tutto il nostro export agroalimentare che nel 2010 mette a segno un record storico sfiorando i28 miliardi di euro (+13%). Vanno alla grande formaggi, salumi, olio: come singole performance si segnalano quelle del Parmigiano-Reggiano, del Grana padano e del Prosciutto di Parma che cominciano a sfondare sui mercati asiatici. Segno che la globalizzazione dei mercati non è solo un demone da esorcizzare, ma anche un’opportunità da cogliere. Se poi la guerra alla agro-pirateria sarà supportata da politiche nazionali ed europee più incisive, non potremo che incrementare questi primati. In questa direzione il riconoscimento della Cina per due nostri grandi prodotti a marchio come il prosciutto di Parma e il Grana padano non può che essere un segnale molto positivo, così come l’apertura delle frontiere cinesi ai nostri kiwL Il made in Italy alimentare, come la nostra cucina, è una carta vincente in tutto il mondo e senza export la nostra agricoltura andrebbe a picco, posto che produciamo vino, frutta e ortaggi in quantità doppie o triple rispetto al nostro fabbisogno. Ricordiamocelo quando sentiamo qualche politico blaterare di dazi e frontiere chiuse: stretti dentro i confini nazionali saremmo economicamente morti.

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