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Nazione / Giorno / Carlino

Bersi Serlini, la tradizione continua colorata di rosa ... Due giovani donne al timone dell’azienda di Provaglio d’Iseo, fondata nel 1886, che negli anni ‘70 ha fatto nascere la prima bottiglia di Brut... L’arcano dura un attimo. Quanta basta per notare che nello stemma dell’azienda c’è una donna con un grappolo e capire che il riferimento non è casuale. Arriva Maddalena a dare il benvenuto, poco dopo anche la sorella Chiara. Ed è meglio di una spiegazione: se in Franciacorta sono spesso le donne a guidare le aziende vitivinicole, alla Bersi Serlini (via Cerreto 7, Provaglio d’Iseo, 030.9823338 www.bersiserlini.it) fanno anche gli onori di casa: accolgono il visitatore, gli organizzano la degustazione di un delicato Satèn o di un morbido Demi Sec, se serve lo accompagnano in vigna, lungo il pendio che scivola verso la vicina torbiera, sullo sfondo del lago di Iseo e dei primi contrafforti della Valcamonica. Perché una cantina aperta è più di un’operazione di marketing: è una visione del mondo, è un laboratorio di rapporti umani, è il piacere d’incontrare sconosciuti per poi salutarli con un “arrivederci a presto”. Istinto puro. In fondo questo posto l’avevano trovato ospitale anche i benedettini di Cluny che nel lontano 1083 cercarono di ricreare una loro personalissima Borgogna in Lombardia pur sapendo che in realtà era un luogo insalubre. Ed è facile, in via Cerreto, ritrovare frammenti dl quel passato che si mette a flirtare con il gusto contemporaneo. Come un ping-pong fra tradizione e azzardi, fra retrovisore e I-PAD: l’estetica irregolare dei ciottoli morenici sulla vecchia facciata perimetrale vicino alle lastre di vetro volute dall’architetto Flavio Albanese per portare trasparenza e leggerezza agli edifici della grande corte interna; l’affresco quattrocentesco del porticato che raff9gura una Madonna con Bambino insieme a Sant’Antonio abate ma anche le travi lignee che rivestono parti della Bersi Serlini proiettando l’immagine di un moderno “vaso di Pandora”. Tant’è. Se le case rivelano i loro proprietari, l’evidenza è plateale: c’è Maddalena, amministratrice vulcanica, che è anche vice-presidente del Consorzio Vini di Franciacorta; c’è Chiara, 15 anni di studio e lavoro a Londra e un entusiasmo da investire in eventi e accoglienza; e c’è papà Arturo, presidente della Bersi Serlini, che arriva, abbraccia le figlie e poco dopo sparisce nella sua vigna quasi a ribadire che, per carità, lui c’è sempre, ma l’azienda di famiglia è ormai affidata alle sue amate eredi. Certo, c’è la storia che pesa: il debutto nel lontano 1886 in una fattoria gestita proprio dai monaci, gli investimenti di nonno Piero all’inizio del ‘900; la guida di papà Arturo che nel ‘70 aveva creato la prima bottiglia di Brut della Franciacorta. E ci sono i gioielli di casa da giudicare: il Brut e il Brut Anniversario, il Brut Cuvée Rosé e il Demi Sec, L’Extra Brut Riserva 2004, il Satèn con 100% di uve chardonnay e il nobile Brut Cuvée 4 Millesimo 2008. Qui e là i segni di un’arte dell’accoglienza senza orpelli che ama ‘dare del tu’. Basta suonare alla porta d’ingresso. E il resto viene da sé: la visita alla cantina, le degustazioni, la possibilità di sfogliare l’album delle memorie insieme ai padroni di casa. E cosa nota: un buon Franciacorta concilia la socialità. Qualche volta fa inciampare in una sana amicizia.

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