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Tra le vigne delle Langhe … Se Beppe Fenoglio e Cesare Pavese
camminassero oggi sulle pendici delle Langhe probabilmente non riconoscerebbero i luoghi e i personaggi che hanno descritto nei loro romanzi. Quelli che un tempo erano contadini poveri e giovani partigiani sono diventati accorti imprenditori agricoli, ristoratori stellati, cacciatori di tartufi, albergatori attrezzati per ospitare danarose clientele internazionali e creativi industriali che hanno inventato la Nutella.

La trasformazione

La metamorfosi paesaggistica ha rispecchiato i cambiamenti sociali: negli ultimi cinquant’anni noccioleti e vigneti hanno colonizzato un’area geografica di circa cento chilometri quadrati. E proprio quest’anno è arrivato il riconoscimento dell’Unesco, che ha sancito il valore universale dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato, dichiarandoli Patrimonio dell’Umanità.

Tra rossi e bianchi

Il giro d’affari delle vendite dei vini piemontesi imbottigliati in questo fazzoletto di terra a cavallo tra le province di Asti e Cuneo è in costante crescita. Nel 2013, per esempio, le 350 famiglie che coltivano uve Nebbiolo da Barolo hanno fatturato 140 milioni di euro. Il settore è trainato dalle vendite all’estero (che assorbono il 90 per cento della produzione). Con il fiorire del turismo enogastronomico i valori fondiari sulla Langa coltivata a vigneto hanno fatto registrare aumenti a due cifre. Per un ettaro di terre da Barolo si spendono fino a 200mila euro e il trend positivo del mercato continua a richiamare investitori: qui gli imprenditori agricoli fanno a gara per accaparrarsi un pezzo di terra. Ma il “vino dei re” è solo la punta di diamante dell’eccellenza langhigiana: anche altre etichette (il Barbaresco dell’omonima cittadina, il Barbera di Nizza Monferrato, lo Spumante d’Asti, il Dolcetto d’Alba), meno costose sugli scaffali delle enoteche, hanno una tradizione secolare ed estimatori in tutto il mondo.

Tavola Imbandita

Per celebrare le ricchezze enogastronomiche delle Langhe, il 22 maggio scorso ci hanno addirittura corso una tappa del Giro d’Italia. A sfregarsi le mani gli operatori del settore turismo. L’indotto di un’economia così florida comprende le ondate oceaniche di turisti che dormono in un albergo della Langa, passeggiano tra un paesino e l’altro sulla Strada del Barolo, visitano il misterioso Castello di Grinzane Cavour e consumano le delizie locali (nocciole, tartufi, raviolini del plin, formaggi invecchiati in foglie di castagno...). E chissà se oggi anche i personaggi più disperati di Pavese e Fenoglio, attaccati a una terra ingrata i cui frutti erano solo guerra e disperazione, si ricrederebbero davanti alle opportunità che gli abitanti delle Langhe hanno saputo cogliere.

Barbaresco - Un nome leggendario

Narra la leggenda che il Barbaresco deve il suo nome ai barbari che giunsero in paese attirati dalla bontà del vino che lì si beveva. Emana profumi di lampone, geranio e viola e ha un colore rosso rubino. Deve invecchiare almeno due anni, di cui uno in botti di rovere. Dopo un lustro raggiunge lo stato ottimale di maturazione.

Barolo - Il rosso dei re

Il Barolo è stato ribattezzato “il re dei vini, e il vino dei re”. Ha un colore pieno e intenso e un odore allo stesso tempo fruttato e speziato, con aromi di ciliegie, frutti rossi, cannella e pepe. Invecchiato in botti. di rovere per R almeno tre anni, dopo cinque primavere può fregiarsi del titolo di “Riserva”. Viene prodotto sui territori di undici Comuni da Consorzi e Cooperative di produttori.

Spumante - Bollicine dal 1865

Nato nel 1865 dal genio di Carlo Gancia, lo spumante d’Asti è il più antico in Italia. Dopo il contatto con lieviti speciali che favoriscono la produzione di anidride carbonica, questo bianco frizzante si arricchisce delle bollicine che rendono il suo gusto inimitabile. Venduto in tutto il
mondo, fa ormai concorrenza ai più antichi vini francesi.

Dolcetto - Il più bevuto a tavola

Il Dolcetto è un vino “domestico”. L’ottanta per cento delle bottiglie prodotte è consumato sulle tavole del Nord-Ovest. Le etichette di Dolcetto sono tredici, ma quella più conosciuta e consistente in termini di produzione è quella di Alba. Il vino ha sapore secco, color rubino e violetto, profumo fruttato e retrogusto alle mandorle.

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