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Nazione / Giorno / Resto Del Carlino

La nuova rotta dell’enologia tricolore ... Negli anni ‘60 il vino in Italia era un alimento e il consumo locale basato sullo sfuso, che poi comincia a essere sostituito dall’imbottigliato solo a metà degli anni Settanta, con l’export che tocca ì 12,2 milioni di ettolitri. Negli anni Ottanta, s’innesca una nuova strategia di branding e la crescita delle denominazioni: cala la superficie del Vigneto Italia (971.000 ettari) e la quantità di vino prodotta (69 milioni di ettolitri) insieme al consumo pro-capite che scende a 74 litri, mentre l’incidenza dell’export tocca i 14,3 milioni di ettolitri. Il segno che l’Italia del vino stava cambiando rotta. Poi lo scandalo del metanolo. Dagli anni Novanta parte la ricostruzione dell’immagine eroica dell’Italia, caratterizzata da una intensiva specializzazione della produzione, con l’obbiettivo della qualità. Negli anni 2000, finalmente, l’affermazione. Gli ettari a vigne-to diventano 710.000 per una produzione di 47 milioni di ettolitri, il consumo pro-capite scende a 46 litri ma l’export tocca i 17, 1 milioni di ettolitri. Il focus passa da un’economia di prodotto a un’economia basata sull’esperienza. A creare valore non concorre solo il prodotto in sé, ma anche l’esperienza per il cliente. Non si vendono solamente bottiglie, si vende la cultura di quella produzione, la storia e l’immagine dei territori da cui provengono quelle etichette. Ed eccoci a oggi. La superficie vitata nazionale è di 638.000 ettari, la produzione complessiva di 74 milioni di ettolitri. Le cantine sono 50.000, per un fatturato di 12,4 miliardi. Il consumo pro-capite è di 35 litri, ci sono 523 fra Dop e Igp, l’export vale 5,4 miliardi di euro e il suo trend dal 2000 ad ora è + 118%. Un trend di crescita legato al “prezzo mix” del vino, ormai stabilmente oltre i 3,3 euro al litro (ben lontano dai francesi, sugli 8 curo). Il premier Renzi, al Vinitaly, ha indicato l’obiettivo di 7,5 miliardi di export nel 2020: benissimo elogiare la forza dell’export, ma occorre anche monitorare il fenomeno. L’ulteriore exploit 2015 è realtà, ma è stato raggiunto soprattutto a un cambio favorevole. In Cina (con la Francia che vola), poi, solo per fare l’esempio più eclatante, Cile e Argentina contano più dell’Italia e questo è davvero curioso se confrontato con la storia della produzione enoica del Bel Paese.

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