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Panorama Economy

Un marketing divino ... Imprenditori e professionisti lo fanno per passione. Invece le aziende pubblicizzano il marchio e fidelizzano i clienti, sottolineando il legame con il territorio e l’eccellenza del made in Italy, Fiat, Ducati e Credito Valtellinese lo dimostrano... Evidentemente Bacco sarebbe stato un ottimo manager. La riscoperta dcl vino è l’ultima tendenza del marketing per diffondere il brand di un’azienda, fidelizzare i clienti, conquistare mercati o rinforzare i legami con il territorio. Così le nuove iniziative di promozione “ad alto tasso alcolico” si moltiplicano, svelando un connubio che va oltre il licensing o il marchio.
Un caso emblematico è quello di Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Ducati, che un anno e mezzo fa ha accolto l’invito dell’amico Paolo Bari, titolare del ristorante “La Nogarazza” di Vicenza, a unire due eccellenze italiane, il vino e i motori, “e lanciare il rosso che, come la Ducati, possa conquistare i mercati internazionali”. Dcl Torchio non ci ha pensato due volte: “Abbiamo vagliato la proposta sotto il profilo dell’immagine e del licensing e ci siamo buttati sul Desmorosso con il nostro marchio”. Ducati è un brand famoso nel mondo e il suo valore supera gli 80 milioni di euro ma, come dice Del Torchio, “non siamo capaci di stare fermi e, al di là dell’operazione di licensing, con Desmorosso vogliamo comunicare i valori del made in ltaly”.
E il vino? Lo mette Paolo Padrin con la sua azienda vinicola Le Pignole sui colli Berici: 10 mila bottiglie all’anno, vendute a 28 euro l’una solo su internet e quasi tutte già prenotate dalla webcommunity di Ducati con i suoi 20 milioni di visitatori l’anno. Unica eccezione, il Gold, il ristorante di Dolce & Gabbana a Milano, dove grazie ai buoni uffici di Vinicio Biancuzzi, sales manager di Le Pignole, si può degustare il rosso firmato Ducati.

Cantine piemontesi per Fiat. La potenza del vino come mezzo di comunicazione è stata una folgorazione anche per Fiat, che nel 2005, nel piano di riposizionamento del brand tutto orientato al made in Italy, ha siglato un accordo per la produzione di vino e spumante a marchio Fiat, Lancia e Alfa Romeo con le cantine piemontesi Scrimaglio. “E’ stata una buona operazione di marketing per noi e per Fiat” racconta Piergiorgio Scrimaglio, titolare della società vinicola che ha chiuso il 2007 con un fatturato di 3 milioni di euro. “Oggi vendiamo 150 mila bottiglie con i marchi della casa automobilistica torinese, il 50% in Italia e il resto nei vari Paesi del mondo”.
Il brand che va per la maggiore è Alfa Romeo, che assorbe il 40% delle vendite, Fiat e Lancia si dividono il resto. Piazzate in ristoranti, enoteche e locali alla moda ma anche su internet, le bottiglie hanno un prezzo medio di 20 euro. Alla casa automobilistica va una royalty sul fatturato, ma la percentuale è top secrct.
Tradizione e territorio rappresentano invece il filo conduttore che ha guidato il Credito Valtellinese durante le celebrazioni per i 100 anni dalla fondazione. “E non potevamo festeggiare senza un buon vino” dice Miro Fiordi, direttore generale della banca. Niente di più facile, in Valtellina, dove la tradizione vinicola risale al ‘400. “Abbiamo coinvolto Consorzio dei vini della Valtellina e acquistato l’intera annata del 2004 per lanciare il “Centenario”, una produzione di 30 mila bottiglie che usiamo per promuovere il brand e il nostro territorio” racconta Fiordi. “Un’accoppiata perfetta”.
L’operazione Centenario è costata 250 mila euro, un investimento già recuperato, visto il ritorno d’immagine su scala locale e nazionale. “Nel piano di espansione del Creval, dalla Sicilia al Friuli, al Piemonte” dice Fiordi “il Centenario è un po’ il nostro ambasciatore”. Un gran vino che tutti i banchieri hanno ricevuto in dono a Natale. “E c’è chi ha chiesto pure il rabbocco” chiosa Fiordi.

Farlo per passione. Ma per alcuni, naturalmente, il vino più che un affare è soprattutto una passione. Un esempio viene dall’avvocato Vittorio Grimaldi, fondatore dell’omonimo studio legale. “Ho speso una follia” dice a Economy. “Produrre vino è un hobby antieconomico: ogni bottiglia ci costa 40 euro, ma noi la vendiamo a 10 euro, un lusso pazzesco”.
Nel suo podere di Capo d’Uomo sull’Argentario produce 5 mila bottiglie di Africo (bianco) e 8 mila di Maisto (rosso). “Avevamo cominciato con il desiderio di berlo e regalarlo agli amici” racconta Grimaldi. “Poi la produzione è cresciuta e quando il Maisto è finito in una guida tra primi 200 vini italiani, abbiamo cominciato a venderlo”. In cantina e nei migliori ristoranti di Roma. Per tutti è “il vino dell’avvocato”. Un sottile gusto personale che, però, non si mescola con il marchio dello studio legale.
Marchi separati anche per un’icona della moda come Renzo Rosso, fondatore di Diesel, per il quale a passione per il vino rivaleggia con quella per il business. Dopo 14 anni di attività e un investimento di 12 miliardi di lire nel 1994, il vino prodotto nei 6 ettari della Diesel Farm, la tenuta di Rosso sulle colline di Marostica (Vicenza), si è tolto più di una soddisfazione, amplificando il brand di Renzo Rosso su mercati che poco hanno a che fare con le passerelle.
Il suo “Bianco di Rosso” è stato battuto all’asta da Christie’s nel 2001 e oggi le quotazioni del “Rosso di Rosso” sfiorano i 170 euro, mentre le 5 mila bottiglie prodotte ogni anno sfilano solo sulle tavole dei migliori ristoranti.

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