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Quotidiano Nazionale

Cantine cooperative: in vetrina l’altra faccia del vino italiano … Non la solita degustazione o l’ennesima mostra. Ma una esperienza nuova, quasi educativa: far scoprire al grande pubblico di enopassionati e curiosi l’altra faccia del vino italiano, quello delle cantine cooperative. Produzioni d’eccellenza, bottiglie premiate dalle guide, che rispondono a una diversa ragione sociale: la proprietà che fa riferimento a centinaia (in alcuni casi, migliaia) di soci, che coltivano e conferiscono le uve del territorio, salvaguardando spesso ambienti e zone collinari/montane difficili da condurre. “Vivite - Festival del vino cooperativo”, alla seconda edizione è già un successo. Organizzato dall’Alleanza delle Cooperative (Aci), animato da una donna del vino energica e determinata come Ruenza Santandrea (nella foto), Vivite ha portato a Milano i vertici della politica nazionale, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, facendo accendere sull’evento i riflettori dei media nazionali. La cooperazione vitivinicola fino a 30 anni fa era una nebulosa anonima e indistinta (spesso sussidiata dal pubblico). Grandi quantità, tantissimo sfuso, vini standard e di primo prezzo. La rinascita, anche qui, è partita dopo lo scandalo del metanolo (1986). Poteva essere un colpo mortale, invece è stata la svolta. La scelta della qualità, dell’allineamento coi gusti del consumatore è stata premiata dal mercato. Oggi le cantine cooperative competono con i privati nell’export (otto coop tre le prime 15 imprese italiane del vino) e strappano premi, nazionali e internazionali, sulle guide del buon bere. Con una scelta obbligata che nel tempo è diventato un plusvalore: vini popolari di qualità e dal rapporto vincente qualità/prezzo. Da Vivite sono stati rilanciati i numeri, davvero importanti, del comparto. Il giro d’affari della cooperazione del vino italiano vale 4,5 miliardi di euro, pari al 60% dell’economia della filiera, grazie al lavoro di 140.000 soci viticoltori e di 480 cantine. A Nomisma Wine Monitor è stato chiesto: che viticoltura sarebbe senza la cooperazione? I dati dicono che il vigneto italiano negli ultimi 5 anni ha conosciuto un calo delle superfici del 7% e che le riduzioni maggiori hanno interessato proprio le regioni dove mancano cooperative strutturate e dimensionate. Regioni come Campania, Sardegna, Lazio hanno non a caso conosciuto la contrazione più significativa (-15% della Campania, -21% della Calabria). Al contrario, dove la viticoltura è frammentata come Trento e Bolzano, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, è proprio la significativa presenza di cooperative molto grandi per fatturato (oltre 30 milioni di media a Trento, Verona, Treviso e Reggio Emilia) che ha garantito una tenuta della coltivazione della vite inquesti territori. “Lo studio di Nomisma dimostra con l’evidenza dei numeri - spiega Ruenza Santandrea, coordinatrice Vino di Alleanza cooperative Agroalimentari - il ruolo svolto a tutela del vigneto Italia nelle zone più svantaggiate del paese. Ma attenzione, cooperazione spesso è condizione necessaria ma non sufficiente: servono dimensioni, imprese strutturate e internazionalizzate”. “Oggi più che mai - aggiunge Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza coop agroalimentari - la sfida è quella della sostenibilità, ossia uno sviluppo che non metta a repentaglio quello delle future generazioni”.

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