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Quotidiano Nazionale - Divino sapore

Passione Amarone … “Dry, red and cordial” (secco, rosso e cordiale) lo definiva Ernest Hemingway in un romanzo del 1950. Parlava del Valpolicella, vino di cui il grande scrittore-giornalista americano era un estimatore. Quasi 70 anni dopo la Valpolicella (ventaglio di vallate a nord di Verona, tra il lago di Garda e i monti Lessini) è uno dei grandi territori del vino italiano; le sue uve autoctone (principalmente Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara), opportunamente appassite, creano un triangolo di eccellenza dove al vertice sta l’Amarone, ai due angoli in basso il Ripasso e il dolce Recioto. L’Amarone è la punta di diamante, con Barolo e Brunello sta nell’Olimpo dell’enologia nazionale: BBA, dalle tre iniziali. L’Amarone, assieme al Prosecco, ha fatto del Veneto la regione-regina dell’export enoico nazionale, ha miracolato il territorio veronese con valori fondiari alle stelle (oltre 500.000 euro/ettaro nelle zone di pregio); traina un enoturismo sempre più dinamico. Secondo Nomisma Wine Monitor le presenze turistiche in Valpolicella (Verona esclusa) sono cresciute nel triennio 2015-2017 del 21%: il doppio rispetto alla media complessiva regionale e il 50% in più del pur importante incremento della città scaligera. Le cantine sono cresciute in due decenni da poche decine a molte centinaia, gli ettari della denominazione si sono moltiplicati (in 7 anni 1500 ettari in più). La corsa all’oro rosso della Valpolicella è trainata da un business enoico da 14 milioni di bottiglie prodotte nell’annata in commercio (la 2015), 600 milioni di euro di giro d'affari per la Doc (oltre la metà sono vendite di Amarone), dalla corsa al galoppo dell’export (il 65% delle bottiglie prodotte) con Germania, Svizzera, Usa, Regno Unito in testa. Una corsa sfrenata che adesso sta un po’ rallentando, com’è fisiologico. Parlando all’Anteprima Amarone 2015 il presidente del Consorzio di tutela, Andrea Sartori, ammette che nel 2018 “dopo anni di crescita l’Amarone ha registrato, al pari degli altri vini fermi italiani, una difficoltà congiunturale su alcuni mercati tradizionali e maturi, ma allo stesso tempo raccoglie segnali interessanti in Paesi che rappresentano il futuro della denominazione, Asia in primis”. Segnali di “riflessione” arrivano dalla Germania (primo mercato), ma anche da Svizzera, Canada e Svezia; bene invece il mercato interno per la richiesta in aumento (+4%) da ristoranti ed enoteche. Qualche segnale di pausa arriva anche dal prezzo delle uve in calo dalla vendemmia 2018 e dal valore dello sfuso anch’esso calante che porta in primo piano il tema dei prezzi al consumo. Sempre il presidente Sartori: “L’Amarone oggi è un vino di grandissimo successo sia in Italia che all’estero, ma è una denominazione ancora giovane rispetto ad altre grandi Doc, che risente della propria giovinezza”. Bisogna riposizionare il brand, che ha perso un po’ di smalto. “Bisogna evitare di abbassare i prezzi e scongiurare fenomeni di svalutazione del brand; poi serve lavorare sulla creazione di vini iconici, ad esempio con la costruzione di “librerie” con le annate più vecchie da offrire a ristoranti e consumatori top. Infine — conclude Sartori - si deve puntare sullo sviluppo di un’offerta turistica premium sul territorio, per cui confidiamo molto nell’azione del ministero, che unisce Politiche agricole e Turismo”.

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