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Quotidiano Nazionale / La Nazione

Russia e Cina, ma il futuro è bio … Mondo del vino in difficile equilibrio tra produzione e consumi. Questi ultimi tendenzialmente in crescita mentre la produzione mondiale, tendenzialmente, è in calo. L’analisi è del Corriere Vinicolo che cita tre diversi report: OIV (Organizzazione internazionale vigna e vino), l’italiano Ismea e Rabobank. In particolare Ismea prevede per i prossimi quattro anni una crescita dei consumi mondiali del 4,3%, grazie soprattutto alla sete di vino della Cina (previsto un +21,6%), della Russia (+ 6,1%) e degli Stati Uniti (+ 5,7%). L’Italia potrebbe essere il paese produttore che più può beneficiare di questo trend, in particolare sul mercato cinese e quello russo, dove cresciamo ma siamo ancora piccoli. Resta il fatto che la Cina è la terra promessa di tutti i produttori di vino al mondo e lì la concorrenza è spietata. La Francia su questi mercati gode di un vantaggio storico, noblesse oblige. Noi ce la giochiamo sul prezzo con altri competitori come Spagna, Sud Africa e Nuova Zelanda ma soprattutto sul binomio qualità/territorio. Però vagli a spiegare ai cinesi la differenza tra sangiovese toscano e romagnolo, tra le bollicine di Franciacorta o Trentodoc, tra il vermentino sardo e quello toscano... E l’Italia? Qui, tutti sono d’accordo, i consumi interni sono calanti, siamo scesi attorno ai 35 - 36 litri pro capite e lì, a parere di tutti, è la linea del Piave, non si può arretrare. Però sempre Corriere Vinicolo ha elaborato i dati Istat e segnala un ulteriore calo (da -1 a -4%) per fine 2017 e 3,7 milioni di ettolitri di minor consumo dal 2011. Allarme rosso, quindi. Il mercato interno non lo si può lasciar andare. Non si può stare solo esposti tutti sull’export. La domanda fatidica è: durerà per sempre la crescita del nostro vino sui mercati internazionali? I campanelli d’allarme non mancano: da Brexit al Trump - pensiero. Nomisma ha calcolato che, depurato del fenomeno prosecco, l’exploit del nostro export si ridurrebbe a meno dell’1% e, dice Denis Pantini di Wine Monitor, “quello che colpisce, al di là della corsa degli sparkling, è la battuta d’arresto dei vini fermi che pesano per oltre il 70% sulle vendite all’estero del vino italiano”. Quindi c’è tanto da fare, sull’estero e in casa nostra. Fare innovazione e intercettare nuovi consumi, nuovi stili di vita. Il biologico in primis. Le vendite di bottiglie certificate bio stanno crescendo a ritmo vertiginoso, 11,5 milioni di euro il valore nella sola Grande distribuzione (+51% rispetto al 2015, a fronte di un tiepido 44% delle vendite di vino in generale). Cantine grandi e piccole si stanno convertendo, qualcuno va oltre e punta al biodinamico. La parola d’ordine è sostenibilità. Come dire: vini buoni da un buon territorio.

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