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Repubblica / Affari & Finanza

Esportazioni record e l’Italia tiene l’asset vigna è un buon affare … Il settore gode di buona salute finanziaria secondo Crif Ratings Agency, ed è quindi appetibile sia per gli investitori che per l’emissione di obbligazioni... “Le aziende del settore vinicolo mostrano un buon stato di forma”: è positivo sull’industria del vino del Bel Paese, Paolo Bono, analista di Crif Ratings, tra gli autori dell’Osservatorio sui tassi di default delle imprese vinicole italiane, nato dalla collaborazione tra Wine Monitor di Nomisma e Crif Ratings. “Dai dati in nostro possesso - spiega Bono - nel 2016 continua a ridursi il livello di rischiosità finanziaria delle imprese vinicole, un risultato favorito dal record delle esportazioni e dalla tenuta del mercato interno”. I default pubblici - i classici concordati, liquidazioni coatte, bancarotte, fallimenti, ecc. - si sono stabilizzati attorno allo 0,5%, un livello sostanzialmente in linea con quanto rilevato prima dei difficili annidi crisi. Ma i segnali più incoraggianti vengono dall’andamento del default Basilea che rileva i ritardi superiori a 90 giorni nei pagamenti o rientri su linee di credito concesse dal sistema bancario. Il 2016 mostra una sensibile riduzione del tasso di default Basilea al 2,8% dal 3,9% del 2015. Questa riduzione di incagli e sofferenze è in buona parte dovuta alle buone performance dell’export e alla ripresa della domanda interna sono i fattori che incidono in modo chiave con evidenza immediata. Non va dimenticata neanche la politica monetaria della Bce, che ha permesso l’ottenimento di nuova finanza a tassi di interesse ridotti con un beneficio diretto sui conti economici delle aziende. Le segnalazioni ai fini Basilea risultano maggiormente sensibili al ciclo economico e, all’interno del settore vinicolo, solo di rado sembrano anticipare procedure pubbliche di insolvenza, mentre in genere sottintendono crisi di liquidità a carattere temporaneo”, continua Bono. Meno immediata è la relazione tra trend di mercato e default pubblici, i quali si concretizzano generalmente con un arco temporale differito in seguito al prolungarsi di cicli economici recessivi. I successi dell’export permettono all’industria del vino performance migliori rispetto all’intero mondo alimentare. “Il settore vinicolo registra un rischio finanziario più contenuto rispetto al complessivo Food&Beverage, dove nel 2016 il default pubblico è allo 0,7% e quello Basilea al 3,6%”, spiega Bono. Il settore, insomma, è appetibile sia per eventuali investitori che per l’emissione di obbligazioni. E in quest’ottica, mercati geografici, canali commerciali e composizione merceologica dell’offerta produttiva sono tutti elementi rilevanti per valutare il rischio di credito delle imprese. Secondo il report sul vino di Mediobanca presentato lo scorso anno al Vinitaly, la cantina più solida dal punto di vista finanziario è Cavit, la cooperativa trentina.

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