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Secolo D'italia

Vino italiano, un premio al gusto ... In un quarto di secolo gli italiani hanno dimezzato il consumo medio annuo di vino fino agli attuali 58 litri per abitante. Il vino non è più un alimento che sfama, ma un premio al gusto. La boccia di vino (spesso annacquato) che contadini e operai si portavano dietro con le gamelle per andare al lavoro non c’è più. Ci siamo raffinati, vogliamo l’etichetta. Il settore si è fatto però ricco grazie cresciute costantemente, come i pressi dei vini pregiati, che si ostentano come il Rolex.
La riconosciuta floridezza del mercato è testimoniata dal giro di affari che è pari a 8.000 milioni di euro, da quasi 45 milioni di ettolitri prodotti nel 2003 da oltre 800 mila aziende, da oltre un milione di occupati nel settore. La produzione italiana è un quinto della produzione mondiale ed oltre un terzo di quella dell’Ue.
La vendemmia dello scorso anno è stata di quasi 45 milioni di ettolitri (più del 2002, ma meno del 2001); la media quinquennale di produzione è di 54 milioni. Tre milioni di ettolitri di vino sono Docg, 9 milioni Doc, 18 milioni Igt e 15 milioni vino da tavola, prodotti in circa 800 mila aziende agricole (con una superficie a vite di circa 676 mila ettari) e da circa 30 mila imbottigliatrici.
I numeri dell’esportazione sono da capogiro: siamo il primo Pese al mondo con un quarto dell’export mondiale e un incremento nel 2002 del 6,6%, per un valore di 2.750 milioni di euro.
Bevono italiano Germania e Usa soprattutto: nonostante le flessioni recenti di export finalmente il litro di vino ha un presso superiore a quello della benzina (per ora). Gli italiani si permettono di bere vino estero per solo 150 milioni di euro, comprando da Francia, Spagna e Germania, ma il saldo positivo della bilancia nazionale nel 2002 è stato di 2.540 milioni di euro.
Nelle enoteche d’Italia è leader il Brunello di Montalcino seguito da Chianti, Chianti Classico, Barolo, Barbera d’Asti. I veri maniaci del vino di qualità sono 6 milioni e 24 milioni sono i consumatori italiani stabili.
La vendemmia del 2004 si annuncia ottima, per qualità delle uve e del prodotto atteso. Tutti prevedono un incremento del 10% dovuto ad una specie di ripristino climatico, con piogge in aprile e successivi periodi di stabilità, come avveniva fino a una decina di anni fa. Per i prezzi si prevede un calo, ma ogni previsione deve essere confermata dai primi contratti stipulati.
Qualche segno di crisi si manifesta tuttavia da un paio d’anni c’è chi grida allo scandalo di vini troppo costosi al ristorante e chi invece ritiene che la via dell’alta qualità sia ancora la vincente. Si discute anche sul percento di Iva inflitto allo status symbol. Il ribasso potrebbe avvantaggiare i vini di massa, ma non interessa ai grandi produttori. Semmai ci sarebbe da migliorare la strategia delle denominazioni, visto che sembra finito il tempo in cui bastava dire Doc per vendere. Il controllo e l’uso delle denominazioni deve essere più controllato e in certa misura più aggressivo, differenziando attentamente Doc, Docg e Igt, per soddisfare le esigenze diverse delle fasce di consumatori: non tutti disposti a pagare prezzi “esorbitanti” per bere bene.
Intanto prendiamo atto che la rincorsa dei vini meridionali ha avuto successo con ottimi vini prodotti anche in Abruzzo, Marche, Campania, Basilicata, Sicilia, Calabria e Sardegna. Toscani, veneti, lombardi e altri del Nord hanno nuovi alleati per competere nel mondo.

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