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Sette / Corriere Della Sera

Signori il business è servito: è l’ora della vacanza “mangia e fuggi”. Un giro d’affari sui 2 miliardi e mezzo solo per i “viaggi del vino”. Un altro miliardo speso negli agriturismi. E fiere, marketing, investimenti. Da fenomeno di moda, i soggiorni legati alla buona tavola sono diventati un affare colossale. Che crescerà ancora. Per questi motivi ... Ci sarà la sfilata di Mila Schön (Quargnento, Piemonte) e il concerto di Davide Van de Sfroos (Montefalco, Umbria), la mostra di artisti pugliesi contemporanei (Manduria, Taranto) e la sessione di “ballo del trescone” (Fattoria del Colle di Trequanda, Siena). Ci saranno assaggi e degustazioni, grigliate e Mangialonghe. Soprattutto, però, ci sarà un milione abbondante di persone in viaggio, pronte a muoversi (e a spendere) per andare dietro a una passione: il vino. Domenica prossima è il giorno di “Cantine aperte”, 960 vignaioli che spalancano le porte e fanno festa ai visitatori. Un classico di primavera per chi ama abbinare tavola e cultura (è l’undicesima edizione). Ma anche il momento buono per fare il punto su quella fetta di made inItaly così in crescita da meritarsi corsi di laurea, master bocconiani e persino una fiera di settore (la Biteg, appena conclusa): il turismo enogastronomico. Moda? Business? E quanto vale?
Il giro d’affari ormai è incalcolabile. Letteralmente. Certo, si possono andare a contare gli incassi degli 11.525 agriturismi (12 milioni di presenze e un miliardo di entrate nel 2002, secondo la Confederazione italiana agricoltori). O fare i conti in tasca ai 6 milioni di turisti che pianificano una vacanza in base a cibo e vino (dati Censis) e che ogni 10 euro spesi in cantina ne lasciano sul territorio altri 50 sotto voci diverse, generando un fatturato da quasi 2 miliardi e mezzo. Ma sarebbe poco. Troppo difficile stabilire davvero “quanto” di un viaggio sia legato alla voglia di mangiar bene e bere meglio. Chi ci ha provato, come l’Enit, arriva a una stima da vertigini: il 30% di tutte le entrate turistiche provenienti dall’estero è in qualche modo da collegare all’enogastronomia. E se è vero che il trend è in corso da tempo, è altrettanto vero che quest’anno ci si aspetta un’accelerazione. Se non altro perché guerra, Sars e incertezze varie hanno tolto a molti la voglia di andare lontano, rivalutando quelle che i tour operator oggi chiamano “i viaggi di prossimità”. Ovvero, le vacanze “mangia e fuggi”, versione moderna delle vecchie gite fuori porta che però, invece di approdare su un prato da picnic o sotto un ombrellone, puntano dritte sulle “strade del vino” (negli ultimi due anni ne sono nate 75) o sulle sagre del maiale, magari facendo tappa intermedia in una città d’arte.
E’ un boom vero, insomma. Inatteso anche dai protagonisti. “Se qualche anno fa mi avessero detto che sarebbe successo quello che vediamo oggi, non ci avrei creduto”, confessa Gianni Zonin, patron di un impero del vino (80 milioni di fatturato e 11 tenute): “Non pensavo che in Italia ci fosse tutta questa curiosità per il nostro mondo. Invece se il pubblico è invitato a conoscere storie, zone e tradizioni, l’interesse c’è, eccome”. E ha molti motivi, non solo la voglia di godersi la vita o seguire le mode. “E’ che la gente ha bisogno di ritrovare le sue radici”, dice Francesco Lambertini, bolognese e neopresidente del Movimento turismo del vino: “E la terra è la radice comune. Veniamo tutti da lì, dal mondo contadino”.
Che si tratti di moda o cultura, edonismo puro o “somatizzazione delle nostre origini rurali”, come la chiama Ornella Venica, “signora delle vigne” friulane, in L’ascolto del vino (preziosa guida all’universo enologico appena pubblicata da Paolo Massobrio e Marco Gatti, edizioni Comunica), una cosa è certa: l’identikit dell’enoturista-tipo negli ultimi tempi è cambiato. “Anzitutto, è sempre più giovane”, spiega Lambertini: “Prima l’età media era sui 40-45 anni, adesso trovi in giro parecchi trentenni. Poi, aumentano le donne”. E ci sono sempre più esempi di quelli che Donatella Cinelli Colombini, produttrice di Brunello, pioniera dei viaggi enologici (è stata lei a inventare “Cantine aperte”) e oggi assessore al Turismo di Siena, chiama “i quattro modelli” di enoturista: “I turisti per caso, che passano di lì e capitano in cantina incuriositi; quelli che “è-di-moda-quindi-bisogna-andarci-almeno-una-volta”; gli aspiranti sommelier, informati, colti e appassionati ma che vogliono imparare di più; e i talent scout, gli esperti che ormai i vini famosi li conoscono tutti e vanno in giro per scovarne altri. Magari battendo zone ancora poco esplorate, come l’Abruzzo”. O perlustrando angoli d’Italia che, grazie all’enoturismo, riscoprono ricchezze che non pensavano di avere, un patrimonio tutto locale, esportabile ovunque ma non copiabile da nessuno. Come sanno bene le regioni che si sono mosse meglio per varolizzarlo (Toscana e Umbria su tutte, ma ormai si vedono iniziative a raffica anche in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte…) e i comuni, grandi e piccoli, che impastando vino, cibo e tradizioni si sono visti lievitare un tesoro tra le mani.
Prendete Montefalco, appunto, borgo umbro impreziosito da piccoli capolavori come la chiesa di San Francesco e gli affreschi di Benozzo Gozzoli, ma anche terra di Sagrantino, vitigno autoctono tra i più apprezzati in Italia. Bene: la Fondazione Agnelli gli ha dedicato una ricerca (verrà presentata domani) che lo racconta come un caso di scuola, un matrimonio ben riuscito tra “beni culturali” e “Colturali” in cui il vino, “elemento fondante dell’identità”, ha permesso di riscoprire anche il resto, perché “chi ama seguire gli itinerari del gusto poi riscopre e sa aprezzare pure le opere d’arte” (non a caso un capitolo del saggio è dedicato alle case history della Arnaldo Caprai, 4,3 miliardi fatturati esportando in 30 Paesi rossi, bianchi e qualità). “Il fatto è che il vino non è un prodotto neutro, non valorizza solo se stesso e il produttore, ma è un moltiplicatore che apre a tutto il contesto geografico, storico, culturale”, nota (sempre nel libro di Massobrio e Gatti) Paolo Saturnini, sindaco di Greve in Chianti e presidente dell’associazione Città del Vino: “Dal bicchiere si innesca un interesse per tutto ciò che lo circonda. Per questo un buon marketing fatto sul vino è sempre sinonimo di un buon marketing territoriale”.
A volte, forse, lo è troppo. “Si è puntato tutto sul vino pure in posti che invece avrebbero altri prodotti, più forti”, osserva Donatella Cinelli Colombini: “Perché fare una strada del vino dove sarebbe meglio dedicarne una al lardo o all’aceto?”. Già, perché? “La legge ha fissato pochi vincoli. Così si rischia di trovare strade del vino anche in zone senza cantine o quasi”.
Appunto: non c’è il pericolo di beccarsi qualche fregatura? Di imbattersi in gente che ha fiutato l’affare e si butta senza averne i titoli, magari spacciando per “tipici” e “doc” prodotti che invece non sono all’altezza? “Guardi, nel nostro settore i bluff si smascherano in fretta”, dice Lambertini: “Se non c’è la qualità, non fai molta strada. In genere, in chi si avventura nell’enoturismo la qualità del prodotto va data per acquisita. Ivece è da migliorare quella dell’accoglienza, dei servizi offerti al visitatore. Ma su questo ci stiamo muovendo”. Già da domenica prossima. “E’ una buona occasione per far scoprire il nostro mondo a chi non lo conosce”, dice Zonin: “Noi, per esempio, daremo molta enfasi all’educazione: spiegazioni, degustazioni… Dobbiamo raccontare alla gente che cos’è il vino, come si gusta, che lavoro c’è dietro. E’ la nostra missione”. Ed è un ottimo affare.

Treno, bici, quiz e corsi: benvenuti al “wine day”

Bottiglie, concerti, mostre ed eventi: il Wine Day, organizzato dal Movimento Turismo del Vino (il presidente è Francesco Lambertini), per domenica 25 maggio, è un giorno di festa. Con 960 cantine che aprono le porte ai visitatori. Qualche assaggio? Dal Castello di Grumello del Monte (Bg) partirà il “Treno delle vigne” per un tour delle cantine della zona. A Mombaruzzo (At), la cantina Maigrà organizza un torneo di “palla a pugno”. Un bike-wine-tour girerà invece nell’area del Chianti Colli Senesi. Quiz sul vino alla cantina Umani Ronchi di Osimo (An). A Campomarino (Cb), cantine Borgo di Colloredo, corso d’imbanditura decorativa della taavola. Info: tel. 080/5234114 e www.movimentoturismovino.it

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