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Sette / Corriere Della Sera

Il vino, poco ma buono limitando la chimica ... La prima regola è non stressare la vigna. Ma ‘obiettivo è ridurre al minimo l’uso di prodotti dannosi: tornando a metodi tradizionali e puntando su mezzi biologici. Come fanno nelle tenute Zonin ... L’ecosostenibilità può essere un obiettivo. Oppure, più semplicemente, può diventare una questione di buon senso: questo succede per esempio quando si parla di viticoltura. Se il grano - che serve per sfamare le persone - deve infatti essere tanto, il vino deve essere innanzitutto buono. E per fare il vino buono la vite non va stressata o iperstimolata, anzi: quando si parla di vigneti, la minore produzione fa rima con migliore qualità del prodotto finale. Inoltre, una vite poco stressata è più robusta e, proprio come succede alle persone, avrà bisogno di meno medicine per stare bene. Partendo da un presupposto del genere, è abbastanza facile capire perché questo sia uno dei settori dell’agricoltura meno “impattanti” per l’ambiente. Tra passato e futuro. A spiegare è Domenico Zonin, vicepresidente dell’omonima casa vinicola: “La produzione di vino di qualità porta naturalmente a rispettare di più la natura: credo ch sia uno dei pochi casi in cui si fa produrre a una pianta meno di quanto potrebbe”. il suo ragionamento non fa una piega, ma resta il fatto che un po’ di chimica viene comunque usata (a meno che non si tratti di produzioni biologiche, ma quello è un capitolo a parte). La difesa fitosanitaria della pianta è forse la fase più delicata e rischiosa per l’ambiente, poiché richiede l’uso di anticrittogamici che sostanzialmente devono impedire al grappolo di marcire: già molti anni fa si “bagnavano” le vigne con il cosiddetto verderame e oggi si è passati a prodotti sistemici, che proteggono l’uva anche quando piove. Tuttavia, secondo l’esperienza della storica azienda di Gambellara (provincia di Vicenza), esistono diversi stratagemmi per ridurre l’impiego di fitosanitari: alcuni sono frutto di innovazioni tecnologiche - è il caso delle attrezzature “a recupero” usate per irrorare - ma non bisogna dimenticare i segreti del mestiere che si tramandano di vignaiolo in vignaiolo. “Si sta tornando alle tradizioni, a lavorare come si faceva una volta”, ci racconta ancora Domenico Zonin. “Noi per esempio per concimare usiamo quasi esclusivamente il letame, che va benissimo per tenere in forma le piante. Non puntando a incrementare la produzione, i microelementi (ovvero i concimi chimici) non ci servono”. Non si può però ignorare la vastità della loro azienda: nove tenute sparse in giro per l’Italia e una negli Stati Uniti, in Virginia, per un totale di trentotto milioni di bottiglie prodotte nel 20il. E duemila ettari cli terreno “vitati” soltanto nel nostro Paese. Possibile con questi numeri fare viticoltura ecosostenibile utilizzando solo un po’ di
buon senso? In realtà, trattandosi a conti fatti di agricoltura, è comunque necessaria una visione d’insieme dell’impatto ambientale, che includa il consumo d’acqua, energia e molte altre variabili. A questo proposito, esistono in Italia due progetti diversi ma complementari - Magis e Tergeo - che definiscono con i loro protocolli le linee-guida da adottare per una viticoltura green.
Storie di virtuosi. Il primo, nato per iniziativa di alcune università, centri di ricerca e aziende, mira alla diffusione della produzione integrata: l’idea cli base è che la vite vada protetta con tutti i mezzi a disposizione (agronomici, fisici e biologici), ricorrendo a quelli chimici solo quando sono davvero indispensabili. Tergeo, promosso dal ministero dell’Agricoltura, amplia ulteriormente lo sguardo: dalla gestione della cantina alla qualità dell’aria, dall’efficienza energetica alla biodiversità, sono tanti i fattori da tenere sotto controllo per fare un vino amico della natura (e avere di conseguenza la certificazione). “Noi aderiamo a entrambi i progetti”, continua Domenico Zonin, che è anche consigliere cli Unione Italiana Vini, “ma devo dire che in Italia molte aziende hanno fatto la stessa cosa: la direzione generale ormai è questa”. Sono proprio dei virtuosi dunque, questi vignaioli nostrani? “Secondo me è una cosa che nasce d’istinto. Non a caso nel nostro Paese i vigneti si trovano spesso in zone meravigliose, come il Chianti, le Langhe, la Sicilia. in posti del genere è naturale avere cura dell’ambiente, affezionarsi alla propria vigna così tanto da volerla curare nel migliore dei modi”, conclude. Dal canto suo, la Zonin sta puntando a compensare (o ridurre) le emissioni di CO2 con forestazione e fotovoltaico. E poi ci sono i progetti locali: in Maremma hanno reimpiantato boschi e arbusti per preservare la macchia mediterranea tipica, mentre in Sicilia è stato creato un lago artificiale per non intaccare le risorse idriche profonde.

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