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La corsa Toscana del vermentino verso la longevità … Anche Terenzi nella classifica del Gran Prix… Lo scrittore britannico Steven Spurrier è stato un mito nel mondo del vino. Inventò, nel 1976, il Judgement of Paris, prima sfida vinta dai vini californiani sui francesi. La sua storia è raccontata in un film, Napa Valley. Quando, nel 2011, gli chiesero di decretare quale sarebbe stato il vitigno del futuro, scelse il Vermentino italiano. La critica Jancis Robinson parlò subito del fascino dei Vermentino, “carattere vivace, agrumato, spesso minerale e talvolta marino, un vitigno tipicamente mediterraneo, che conserva bene la sua acidità anche in regioni relativamente calde”. A credere e puntare sul Vermentino da qualche anno è soprattutto la Maremma. La prova è stata la quarta edizione del Vermentino Grand Prix, voluto da Francesco Mazzei, presidente del Consorzio della Maremma. Una piccola rivoluzione, una virata sui bianchi in una terra di rossi, cercando identità e longevità. Obiettivo raggiunto. E presto anche una piramide qualitativa con l’introduzione del Vermentino Superiore, con regole più stringenti e tempo di affinamento più lungo. Del 6o assaggi, io prescelti nella classifica a pari merito. Eccoli, in ordine alfabetico: Belguardo V (Belguardo), Perlata (Bruni), Bianco Riserva (Castelprile), Cirene (Podere Cirene), Brigante (Santa Lucia), La Terrazza (Agostinetto), Solo (Dodici), Balbinvs (Terenzi), Marinato (Terre dell'Etruria), Cobalto (Vai delle Rose): annate dal 2020 al 2022. Il giovane Federico Terenzi rappresenta bene la vitalità bianchista della Maremma, con la sua azienda a Scansano e il suo Balbinvs, profumato ed energico.

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