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Slow Food

Erga omnes no grazie! Elio Altare, Ampelio Bucci e Ettore Mancini intervistati sul Decreto Ministeriale che riforma il sitema di controllo di Doc e Docg esprimono forti perplessità ... In questi ultimi giorni il Ministero sta incontrando Regioni e parti sociali per mettere a punto un nuovo decreto - in sperimentazione già in alcune zone viticole - che impone una svolta epocale per tutti i vini Doc e Docg italiani, rendendo definitivo, da subito o al massimo entro l’anno prossimo, il sistema dei controlli “erga omnes” riservato ai Consorzi (o in loro mancanza, automaticamente alle Camere di Commercio), confermando il sistema delle “multi-certificazioni”, con una miriade di obblighi burocratici, intralci alla gestione della cantina e pesanti spese che sfiancano i produttori più piccoli e le Doc più deboli, con tre “tasse”: sull’uva, sul vinificato e sull’imbottigliato. Dopo aver riportato il giudizio pesantemente contrario verso il decreto ministeriale di Andrea Sartori, presidente dell’Unione Italiana Vini, abbiamo raccolto i pareri di alcuni importanti e famosi viticoltori italiani.

Elio Altare (Piemonte): «Il fatto più grave di questo decreto ministeriale è la mancanza di democraticità. Si permette al privato di fare il carabiniere, il controllato diventa controllore e soprattutto si aggiungono balzelli a quelli che già esistono. Quello che peggiora ancora di più la legge è il voto ponderale all’interno dei Consorzi: in Langa siamo 1300 vignaioli (produttori di uva, di vino e imbottigliatori) non votando più contando le teste, ma rifacendosi alle bottiglie prodotte, si arriva al paradosso che 50 grandi produttori, se si mettono d’accordo, riescono a nominare il consiglio di amministrazione del Consorzio, che poi è quello che deve fare i controlli e proporre modifiche ai disciplinari di produzione. Perché raggiunto il 66% dei voti il decreto entra in funzione per tutti - erga omnes - anche se tu non sei un associato del Consorzio. E allora noi piccole realtà che abbiamo creato ricchezza dobbiamo sottometterci agli interessi di gruppi industriali, che il più delle volte affrontano la competizione globale con l’abbassamento dei prezzi. Io non sono contro il vino-bevanda, ma non mi piace che un prodotto del genere venga spacciato per qualità e che si identifichi il territorio con un vino di quel tipo. le etichette di qualità hanno creato ricchezza diffusa: enoteche, agriturismi, alberghi, ristoranti e osterie. Chi desidera andare a visitare le grandi industrie? Mi pare che i capannoni non esercitino tutto questo fascino».

Ampelio Bucci (Marche): «Il documento che ci è stato proposto esprime strategie e concetti vecchi, per un mondo -quello del vino - che negli ultimi venti anni è cambiato profondamente. Con la globalizzazione, infatti, si conquistano i mercati oltre che con i prezzi anche esaltando le proprie differenze, rimarcandole abbinando la qualità. Il successo dei nostri vini sta proprio in questa semplice formula e se l’economia rurale, in questi ultimi anni, è cresciuta lo dobbiamo soprattutto ai piccoli produttori. Invece, questo decreto va nella direzione opposta: si aumenta la tassazione, si eliminano i controlli di organismi che fino ad ora avevano lavorato bene - Camere di Commercio e Guardia di Finanaza - e che assicuravano terzietà rispetto ai controllati, per dare in mano queste importanti funzioni a organismi volontari, ma a cui in definitiva sei obbligato ad aderire, senza poi avere voce in capitolo. Sono convinto che la cosa più giusta da fare fosse potenziare gli organismi già esistenti, perché si rischia che poche cooperative sociali - che hanno un grande volume produttivo e un numero di associati elevato - facciano blocco e determinino le scelte di un intero territorio. Noi piccoli produttori di qualità alla fine saremo controllati da grandi gruppi, ai quali poco importa la differenziazione della loro produzione, ma che competono sui prezzi, a scapito della qualità finale».

Ettore Mancini (Marche): «Mi pare che la legge che sta per essere introdotta contenga più di un paradosso: per prima cosa lo Stato viene espropriato dei suoi legittimi doveri di controllo sulla produzione alimetare. Fino ad ora oltre alle Camere di Commercio anche la Guardia di Finanza poteva agire e reprimere le frodi, ora tutto questo viene dato in mano a organismi privati, i cui consigli di amministrazioni sono eletti dai più potenti e dai più forti, da chi cioè produce di più. Secondo me - e secondo un parere pro veritate rilasciato dal mio legale - in un caso di questo tipo si può tranquillamente affermare che esistono gli estremi per rivolgersi all’Antitrust europeo: si tratta, infatti, di una legge che favorisce le posizioni dominanti danneggiando fortemente la concorrenza. Si ritorna alla visione fascista dei Consorzi, non a caso questa legge assomiglia molto a quella approvata nel 1936 e che dava potere agli organi consortili di imporre al territorio il nome del vino, cosa che è accaduta ad esempio con il Chianti, un nome che invece di essere associato al territorio originale - fatto di pochi comuni - è stato esteso a dismisura, impoverendone di conseguenza il nome. Quello che mi sembra incredibile comunque rimane la spogliazione di compiti propri dello stato a tutto vantaggio di organi privati eletti in modo non democratico, ma plutocratico».

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