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REPORT E FUTURO

Verso il 2025 il vino punta su Cina, bollicine, sostenibilità ed innovazione

Così i protagonisti del mondo enoico nel “Global Wine Industry Outlook: Confidence, opportunities & threats to 2025” di Wine Intelligence
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Il futuro del vino secondo i suoi protagonisti

Fiducia nelle possibilità degli investimenti e nelle potenzialità dei mercati, specie quelli di Cina, Usa, Germania, Australia e Gran Bretagna, con gli sparkling ed i rosé a guidare la crescita, magari in lattina, con un’attenzione particolare alla sostenibilità ed all’ambiente nell’arco dei processi produttivi, cogliendo le opportunità offerte dall’innovazione in comunicazione e design, con la paura, però, della riduzione globale dei consumi di alcolici e dell’aumento di dazi e tasse sul vino in giro per il mondo. Ecco, in estrema sintesi, le aspettative per il futuro dei professionisti del vino, emerse dal “Global Wine Industry Outlook: Confidence, opportunities & threats to 2025” di Wine Intelligence, che ha messo insieme le risposte di quasi 300 protagonisti del mondo enoico, da 50 Paesi diversi, tra produttori, direttori marketing, importatori, distributori e retailer.
Così, in termini di fiducia l’indice (su una scala da 0 a 100) segna 58,5, non moltissimo, e se le potenzialità commerciali e gli investimenti fanno ben sperare, le condizioni e le opportunità di lavoro destano qualche preoccupazione. All’indice, concorrono anche le potenzialità dei mercati, con Cina, Usa, Germania, Australia e Gran Bretagna a guidare il commercio enoico, presumibilmente, ancora per molti anni, pur con qualche cambiamento, legato principalmente al boom dell’e-commerce. La fiducia cresce invece quando si parla delle opportunità di crescita delle diverse tipologie di vino: la media dice 64,3, con le bollicine su cui in tanti scommettono ancora (74,5), specie quelle di Prosecco e Champagne, seguite a breve distanza dai rosati (73,8), in testa quelli della Provenza, quindi bianchi (64,4) e rossi (58,5). Spostando l’attenzione sul packaging, la bottiglia da 750 ml continua a rappresentare la scelta ampiamente maggioritaria, ma i consumatori chiedono scelte attente all’ambiente, ed i professionisti del vino (con un occhio ai costi di spedizione...) sono pronti a rispondere con bottiglie più leggere (66%), con il 51% pronto a scommettere sul vino in lattina, il 42% sul bag-in-box ed il 26% sulla mezza bottiglia.
Ma quali caratteristiche deve avere il vino del futuro? Sull’indice delle 14 tipologie di vini alternativi, raccolte da Wine Intelligence e sintetizzate nella sigla “SOLA” (Sustainable, Organic, Lower Alcohol), in testa troviamo i vini prodotti in maniera sostenibile (77,7), quindi quelli ecologici (77,5), gli organici (77,5), basso contenuto di alcol (70,3), biodinamici (68,2), senza conservanti (64,6), vegani (64,6), senza solfiti (63,5), naturali (63,5), e ancora quelli prodotti in cantine a carbon footprint zero (62,9), quelli della rete del commercio equo (61), quelli infusi con la cannabis (53,7), quelli senza alcol (53,5) ed i rifermentati naturalmente (53,3). L’innovazione e le opportunità ad essa correlate, passano però principalmente per il packaging ed il design (68%), per il miglioramento della comunicazione verso i consumatori (65%), per lo sviluppo di nuovi o differenti stili di vino (60%), per le pratiche in cantina o in vigna (47%).
Al di là delle potenzialità, i 15 mercati più attraenti per il futuro sono quelli storici come Usa, Cina e Giappone, ma anche emergenti come India, Russia, Brasile, Nigeria, Messico e Turchia, mentre la Gran Bretagna che aspetta la Brexit non è così attraente, al pari di Germania, Italia e Francia, i più maturi, dove le possibilità di crescita sono praticamente inesistenti. A preoccupare i protagonisti del mondo enoico, in ottica futura, c’è prima di tutto la riduzione dei consumi di alcolici a livello globale (59%), quindi la crescita delle tasse sugli alcolici (53%), la competizione con altre categorie di alcolici (44%), l’inasprimento della legislazione sul settore (44%), l’aumento dei costi di produzione (42%), la siccità (40%), la scarsa passione dei Millennials per il vino (40%), le dispute internazionali e le relative guerre dei dazi (34%), la concorrenza delle bevande non alcoliche (26%), l’invecchiamento della popolazione mondiale (25%) e la riduzione dei margini per chi commercia in vino (22%). A fare da contrappeso, ci sono invece gli aspetti positivi individuati dai professionisti del vino: crescita dei consumatori nei mercati emergenti (64%), vendite online (64%), enoturismo (60%), comunicazione sempre più diretta e forte tra consumatori e produttori (55%), nuovi mercati emergenti di Africa ed Asia (55%), i Millennials che si avvicinano al vino (44%), nuovi formati (42%), incremento delle visite in cantina e della vendita diretta (33%), crescita dei consumi nel canale on-premise (31%), tecniche produttive migliorate (22%), nuovi accordi commerciali internazionali (21%), miglioramento delle tecniche in vigna (21%).

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