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Dalla vigna coltivata sull’atollo di Rangiroa, nell’Arcipelago della Tuamotu, nascono i “Vin de Tahiti”: la storia di Domaine Dominique Auroy, cantina della Polinesia Francese, guidata dall’enologo Sébastien Thepenier

Di certo, chi va a visitare la Polinesia Francese, non si aspetta di trovare un vigneto sulla barriera corallini. Eppure, sull’atollo di Rangiroa, nell’Arcipelago della Tuamotu (a 45 minuti di volo da Tahiti), tra le palme e due lingue di sabbia bianchissima, e con le radici della vite che sfiorano il corallo, c’è chi ha pensato di creare una cantina, Domaine Dominique Auroy, dal nome del fondatore (e principale azionista dell’azienda), oggi seguita da un enologo di origine francese, Sébastien Thepenier.
Il “Vin de Tahiti” (
www.vindetahiti.com) è ben conosciuto dagli abitanti della Polinesia, ma per coltivare la vite a Rangiroa e produrre vini di qualità, c’è voluta molta tenacia. Prima di arrivare a Rangiroa, Sébastien Thepenier non sapeva nulla della Polinesia. Ha solo risposto ad un annuncio per l’impianto di una vigna nell’area tropicale.
Originario della Borgogna, si è laureato in Champagne, a Reims. Stava cercando lavoro e in pochi giorni, si è trovato a Rangiroa. “Volevo cambiare ma non credevo che sarebbe andata così in fretta” ricorda Thepenier, che così si è ritrovato nel Domaine Dominique Auroy. “Una parte del vigneto era già impiantata quando sono arrivato sul posto: nel 2002 c’erano due ettari e mezzo e una quarantina di vitigni già testati. Abbiamo deciso di testare 50 nuove varietà e di acquistare attrezzature e di esplorare altri terroir”, racconta l’enologo. Il vigneto è piantato su un motu (rilievo sul livello dell’oceano, con un’altezza che va da poche decine di centimetri fino a qualche metro, vicino al passo Avatoru.
“Il concetto di terroir, è molto evidente qui. Abbiamo bisogno di lavorare con diversi tipi di terreni che hanno più o meno sassi, umidità, terra nera ... zone umide e zone molto secche” spiega su www.tahiti-infos.com.
Inizialmente, ha cercato di coltivare la vite “ovunque”, ma le singole parcelle di terreno non hanno reagito tutte allo stesso modo, a causa di un eccesso di umidità nel terreno. Poi dopo aver mappato il terreno per conoscerlo meglio, ha piantato nel posto giusto. Oggi l’area vitata è di 6 ettari, che possono ancora crescere di 1,5 ettari. Gli unici predatori dei vigneti sono i granchi. Qui le muffe non sono così presenti come sul continente.
Quattro le principali varietà coltivate nella tenuta: Carignano (di origine italiana, si tratta di un incrocio interspecifico tra uve Bicane e Moscato di Amburgo, ottenuto nel 1911 in Italia da Luigi e Alberto Pirovano di Vaprio d’Adda, ndr), Moscato, Amburgo e Grenache. Il terreno del vigneto è erboso perché aiuta a trattenere l’umidità e per mantenerla, si irriga.
“Questo è l’unico posto dove si pianta la vite nel corallo e nei detriti del corallo”, dice con entusiasmo l’enologo. E il corallo dona un sapore speciale al vino di Tahiti: una nota di pietra focaia e di minerale, molto apprezzato dagli intenditori. “Siamo consapevoli del fatto che ci possono essere dei prodotti agricoli in Polinesia che hanno una presenza legittima, in particolare ananas e mango. Ora anche la vite ha trovato gradualmente il suo posto”.
Dopo alcune annate irregolari, il vino della Polinesia ha finalmente trovato i suoi clienti nei principali alberghi e nei ristoranti e inizia ad essere riconosciuto da sommelier più famosi. Attualmente sono commercializzati quattro vini: Tahiti Blanc de Corail, Tahiti Clos du Récif “Franc de Pied”, Rosé Nacarat e Tahiti Blanc Moelleux. In totale, da 35.000 a 40 000 bottiglie l’anno. Più che la quantità, l’enologo sta ancora lavorando per migliorare la qualità. Le Clos du Récif, uscito nel 2013 è diventato un prodotto di punta: parzialmente affinato in botti di rovere, ha profumi di “vaniglia, verbena e aglio” e si trova principalmente nei ristoranti.
Perché a Rangiroa le vigne non producono rosso ? “Soprattutto per motivi climatici”, spiega l’enologo. “Siamo in un clima tropicale con piogge molto pesanti che possono influire sulla qualità delle uve, soprattutto se si cerca di spingere la maturità più avanti per fare un vino rosso”.
Per il vino bianco, l’uva rossa si utilizza con una maturazione meno avanzata. Attualmente, si sta lavorando su una possibile conversione all’agricoltura biologica ma tutto ha un prezzo. “Il bio al di là dell’etichetta è una filosofia, ma non è che siccome non siamo biologici, non abbiamo un comportamento rispettoso dell’ambiente” spiega Thepenier. Taglio, potatura, diradamento, tutto è fatto a mano. Cinque dipendenti sono a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e 10 vengono chiamati durante la vendemmia. In Francia, la vite viene raccolta una volta all’anno alla fine dell’estate. A Rangiroa, abbiamo un raccolto ogni cinque mesi! Il vino viene trasportato in barca in contenitori da 1.000 litri a Tahiti e poi conservato in celle frigorifere. La seconda generazione di vignaioli polinesiani adesso è al lavoro. Jacqueline e Lucien sono i custodi della vigna dal 1997. Ora anche il loro figlio lavora nel vigneto, e “hanno un vero attaccamento per la terra e per la vite”, dice Sebastian. Alla fine, per l’enologo, la vita atipica che ha scelto, è “un’esperienza di successo con momenti difficili. Ho passato sei anni tutti i giorni nel vigneto per capire come stavano le cose e per formare le persone e abbiamo fatto di tutto. Adesso il risultato è lì e abbiamo un vino di qualità,” conclude Thepenier.

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