02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Panorama

Storie di vino - Nella cantina del Rinascimento. Lo spumante Ferrari, dalla Riserva al Demi-sec, gioiello tutto italiano ... Quando Gino Lunelli mi carica sulla sua Porche per andare a spasso tra i viali di villa Margon a Trento, gli dico: “Certo che tu sai proprio goderti la vita”. Lunelli, proprietario con i fratelli delle premiate cantine Ferrari, ha fatto un colpo da maestro prendendo la dimora rinascimentale italiana con gli affreschi meglio conservati e l’ha rimessa su come un gioiello. Lui nega, ma sono sicuro che ogni tanto vada a dormire nel letto di Carlo V. Lunelli fa parte di quel ristretto circolo di persone, il caposcuola è Luca di Montezemolo, seguito da Jas Gawronski, Alain, Elkann e Carlo Rossella, che mi hanno dato sempre l’impressione di considerare l’esistenza un delizioso parco giochi. Se lavorano (e lavorano sodo), lo fanno nelle ore libere dai piaceri della vita che, come ogni cosa, a un certo punto vengono a noia. Eppure, la straordinaria capacità di pubbliche relazioni, frutto non irrilevante del successo che li accompagna dalla nascita, nasconde un impegno produttivo spesso geniale. Quando Gino mi porta a spasso nelle cantine dell’azienda, scopro che da ragazzo ha fatto una dura esperienza sulle bottiglie di cui conosce perfettamente anche l’anima. Giulio Ferrari nel ’52 vendette l’azienda a Bruno Lunelli, il papà di Gino; si confezionavano a mano 9.000 bottiglie. In cantina si conservavano ancora tutti gli strumenti necessari. Nell’81, quando conobbi Lunelli, ne facevano 600 mila. Adesso, a 102 anni dalla nascita della Ferrari (celebrati con una magnifica scultura di Arnaldo pomodoro), se ne distribuiscono nel mondo 4 milioni e mezzo. La qualità non è scaduta, anzi. Qui lo spumante del mio cuore, è inutile dirlo, è la Riserva del Fondatore. Ogni tanto scopro in cantina una bottiglia degli anni Ottanta: “Gino, ho assaggiato un ’87 freschissimo, magnifico!”. E lui: “Vedrai quando ti capiterà un ‘85”. E così via. Ottimo anche il Perlé millesimato. Ma ho una spiccata preferenza per il prodotto meno conosciuto dell’azienda: il Demi-sec, che va servito a fine pasto. Lo faceva nei primi decenni del ‘900 Giulio Ferrari. Poi la mania italiana di bere secco anche al dolce l’aveva condannato a morte. Adesso è rinato. E può essere un eccellente compromesso per chi non sia abituato al vino dolce e sia maturo per lasciare il brut all’aperitivo o al pesce.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su