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La Stampa

Sughero hi-tech e il vino non sa più di tappo … Una serie di tecniche elimina le molecole “cattive” che contaminano anche le etichette migliori… Il sapore di tappo è un difetto imperdonabile per qualsiasi vino: questo rischio colpisce il 3-6% dei rossi e dei bianchi, ma altre statistiche danno valori oscillanti tra l’1 e il 20%, a seconda della qualità. Comunque, è certo chi sia il “colpevole”. La molecola responsabile del sapore anomalo che tende a filtrare dal sughero la vino è stata individuata nel Tca (2-4-6 Tricloro anisolo), che ha un gusto simile a quello della muffa e rovina in modo inesorabile gli aromi di un vino d’annata. Un’altra molecola è il Tba (Tribromo anisolo): può derivare da contaminati industriali (vernici ignifughe o malte cementizie) presenti nelle cantine nuove o ristrutturate. Negli anni ’70 si cercò di scongiurare questo pericolo con la creazione dei tappi a vite (“screwcap”) ma l’iniziativa non raggiunse l’obiettivo e non fu ritenuta adatta per i vini di qualità. Successivamente furono introdotti i tappi di plastica e quelli sintetici, ma a volte premettevano all’aria di filtrare ossidando il vino. E tuttavia la chiusura ermetica della bottiglia non garantisce la qualità in modo assoluto: basta pensare agli “aromi di riduzione” provocati dall’acido solfidrico che si forma in assenza di ossigeno dai lieviti durante la fermentazione. Gli enologi affermano che l’aggiunta di piccolissime dosi di rame elimina lo zolfo, facendo sparire odori e sapori non desiderati. In altre parole, il tappo di sughero non chiude ermeticamente la bottiglia come gli attuali tappi a vite o sintetici, però le piccole dosi di ossigeno che filtrano agiscono come barriera intermedia e allontanano la formazione di odori di riduzione provenienti dall’acido solfidrico. Il sughero ha caratteristiche indubbiamente interessanti anche alla lcue delle ultime ricerche: la presenza nel tessuto vegetale di suberina (una sostanza dalle eccezionali proprietà di elasticità e impermeabilità) permette al tappo di stringersi, di recuperare la sua forza quando termina la pressione e consente un minimo scambio gassoso con l’esterno. Purtroppo, essendo un materiale biologico, non è uniforme e alcuni difetti sono invisibili, rappresentando un rischio per i vini pregiati. E’ interessante che il tappo di sughero abbia solo due secoli di vita. In passato, infatti, i recipienti venivano sigillati con pezzi di legno, stracci, foglie di granoturco e legati con vari materiali. Bisogna ringraziare Dom Perignon (il monaco benedettino del XVII secolo che ha inventato lo champagne con l’assemblage di vini di qualità nell’abbazia di Hautvillier), se conosciamo le virtù della corteccia di sughero. Da allora sono stati fatti molti passi avanti. Gli studi dell’Awri (Australian Wine research Institute) per esempio, hanno garantito ottimi risultati nell’eliminazione del Tca con il sistema di chiusura “proCork” e coni processo “Diamant” che impiega una raffinata tecnologia a base di anidride carbonica per penetrare nel sughero e pulirlo dalle impurità. Per gli invecchiamenti superiori ai 24 mesi il sughero resta ancora il preferito, tenendo conto che oggi con la gascromatografia e i lavaggi ad alta pressione si possono scartare le partite difettose con alti livelli di Tca.

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