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Italia Oggi

Bacco va in soffitta ... Consumi giù, l’Italia beve meno vino... Le cause? Nuovi stili di vita, costi alti e paure da movida... Il tema è circolato, inquietante, alla vigilia del Vinitaly di Verona: se l’export di vino torna a correre, i consumi interni continuano a calare e ora si attestano a 43 litri pro capite (c’è chi dice addirittura 40), contro i 60 di una ventina di anni fa. Le ragioni di questa flessione hanno origini antiche e recenti. Innanzitutto il cambiamento degli stili di vita; poi il sempre maggiore incremento dei pranzi rapidi fuori casa, che raramente prevedono il consumo di vino; non secondario il difetto antico dei ristoratori di applicare ricarichi di tre-quattro volte nei prezzi delle bottiglie (anche di sei volte per i vini al bicchiere), cosa che non aiuta l’aumento dei consumi. La crisi economica globale ha accelerato il fenomeno. Infine, ma non meno importante, c’è il più recente fenomeno dello sballo del sabato sera, con conseguenti interventi normativi per reprimere il fenomeno (leggasi l’uso degli etilometri, le denunce, i ritiri di patente). Di fronte a questi fenomeni concomitanti e così diversi, il mondo del vino cerca soluzioni concrete. Che, per ora, latitano. Il mondo politico vicino al settore chiede un’inversione di tendenza. E magari campagne pubblicitarie ad hoc. Come hanno fatto il ministro dell’agricoltura, Saverio Romano, e il governatore del Veneto, Luca Zaia (“è una battaglia
di civiltà per salvare il settore del vino”). Per Giuseppe Battistuzzi, responsabile vino di Fedagri Confcooperative, occorre invece puntare sull’educazione (non facile) del consumatore. “Servirebbe uno sforzo comune di tutti i soggetti della filiera”, afferma Battistuzzi, pur sapendo che i “soggetti della filiera” hanno interessi così diversificati e troppo spesso di bottega, che l’auspicio diventa quasi un’utopia. Sull’educazione al vino punta anche Coldiretti, che condanna la criminalizzazione in corso sul consumo di vino e auspica maggiore conoscenza del prodotto. Più educazione alimentare e meno criminalizzazione sono i temi su cui si sofferma anche Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc, che insiste sul veicolare il messaggio della convivialità e dello stretto rapporto cibo-vino. Preoccupata per il trend in calo e per i messaggi allarmistici è Elena Martusciello, presidente dell’Associazione donne del vino. “Serve”, afferma, “più corretta informazione sul giusto consumo di vino come prodotto inserito nella dieta mediterranea” e annuncia una sensibilizzazione delle socie (che sono anche madri di famiglia) su questo tema. Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi e presidente del Comitato nazionale vini del Mipaaf, non ha soluzioni, ma osserva che nei paesi europei produttori di vino il calo è comune. La Francia registra un consumo pro capite di 45 litri con un calo previsto a 41 nei prossimi anni; in Spagna, la media annua è al disotto dei 20 litri pro capite. Lucio Mastroberardino, presidente dell’Unione italiana vini, ammette che, negli ultimi decenni, le imprese hanno puntato molto sull’innalzamento della qualità del prodotto e sul rinnovamento delle strutture, ma meno sulla comunicazione, lasciata a giornalisti, guide e guru del settore, che hanno veicolato spesso messaggi troppo sofisticati. Ora occorre che gli stessi produttori (“e l’Uiv lo sta facendo con corsi nelle scuole”, dice) scendano in campo, per spiegare a un vasto pubblico, specie ai giovani, l’importanza del vino e del lavoro che ci sta dietro. Sulle aggregazioni volontarie di produttori, che, sul territorio, facciano educazione al vino si sofferma infine Piero Antinori, presidente dell’Istituto Grandi marchi: “Anche se”, continua, “non vedrei il calo dei consumi interni come un dramma, ma come un fatto fisiologico”.

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